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Urge insegnare la strada del perdono

Laura Galimberti

«Senza perdono e riconciliazione – è solito affermare padre Gianfranco Testa – non c’è futuro. Non è felice colui  che non ha problemi, è felice chi li sa affrontare e risolvere» Durante la dittatura militare in Argentina è stato ingiustamente in carcere per 4 anni e 8 mesi. «Come sacerdote, ma anche come qualcuno che dava fastidio» – spiega padre Gianfranco Testa, missionario della Consolata – «ma se il proprio sacerdozio non crea conflitto in situazioni ingiuste, che senso ha?». 76 anni, missionario per 7 anni in Argentina, 7 in Nicaragua e 17 in Colombia, dal 2011 propone corsi su riconciliazione e perdono. Circa 100 quelli realizzati: 30 in America Latina, circa 60 in Italia, 2 in Albania. Inizia a sentire profondamente questa chiamata in Colombia. Poi l’esortazione di Giovanni Paolo II nella giornata mondiale della pace del 2001, dopo l’11 settembre: l’urgenza di “insegnare una pedagogia del perdono”, rompere il circolo vizioso dell’offesa e del ricordo dell’offesa, ma con un metodo. «Si parte dalla realtà, dal fatto negativo. Non perdono il male in sé. Si tratta di passare dall’oscurità alla luce, poi scegliere il perdono non come emozione, ma in libertà e volontà perché mi fa stare meglio, sapendo che l’altro…

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