Anno 137 - Giugno 2025Scopri di più
Può la politica fare a meno della mistica?
suor Marzia Ceschia

Nell’ambito dei grandi eventi giubilari è riservato uno spazio, dal 20 al 22 giugno 2025, al Giubileo dei governanti. In riferimento a questa circostanza richiamiamo due testimonianze sulla relazione tra politica – intesa nel senso di servizio alla polis cioè alla città – e Vangelo.
La prima testimonianza la prendiamo da un passato lontano, ma richiamando una personalità che sempre è sentita attuale, quella di Francesco d’Assisi (1182-1226): tra i suoi scritti annoveriamo anche una Lettera ai reggitori di popoli. Francesco ha la pretesa di raggiungerli tutti, come cogliamo nell’esordio dello scritto: «A tutti i podestà e ai consoli, ai giudici e ai reggitori di ogni parte del mondo, e a tutti gli altri ai quali giungerà questa lettera, frate Francesco, vostro servo nel Signore Dio, piccolo e spregevole, a tutti voi augura salute e pace». Il santo assisiate, dalla sua “piccolezza”, rivolge alcune esortazioni forti ai “politici” del suo tempo, tutte incentrate su un’attenzione e una consapevolezza da avere: è al Signore che va reso onore in mezzo al popolo, è lui l’onnipotente e di lui occorre avere memoria. Francesco invita, insomma, a guardarsi dall’illusione di essere i padroni del mondo per ruolo e per una sapienza che è più presunzione che conoscenza: «E quando verrà il giorno della morte, tutte quelle cose che credevano di possedere saranno loro tolte. E quanto più sapienti e potenti saranno stati in questo mondo, tanto maggiori tormenti patiranno nell’inferno». Un Francesco minaccioso? Rapportando le sue parole al nostro tempo cogliamo la sollecitazione a non fare del potere una idolatria, ma a ricondurre la politica a una missione, un servizio all’umano, con il senso del limite: l’essere umano non esaurisce nei suoi giochi di forza il senso della storia.
Così ha vissuto la politica la seconda personalità che menzioniamo, quella di Dag Hammarskjöld (1905-1961). Nato in Svezia da una ricca famiglia che annoverava diverse generazioni di funzionari pubblici e militari, brillante studente e docente presso la facoltà di Economia, dal 1953 ricopre per due mandati la carica di Segretario delle Nazioni Unite (ONU), svolgendo un delicato ruolo diplomatico e di mediazione in Israele, in Cina, nella crisi di Suez. Esercita il suo ruolo sostenuto da una forte fede protestante, si impegna affinché l’ONU abbia una sua autonomia nell’intervenire nelle situazioni di crisi internazionale e per sostenere i diritti delle piccole nazioni nella prospettiva della decolonizzazione, attirandosi così molte critiche da parte dei paesi occidentali. Muore nella notte tra il 17 e il 18 settembre 1961 in un incidente aereo, le cui cause non sono mai state definitivamente chiarite, a Ndola (nell’attuale Zambia), mentre si trovava in viaggio per una missione diplomatica in Congo. Nel medesimo anno gli viene assegnato il Nobel per la Pace alla memoria «in segno di gratitudine per tutto quello che ha fatto, per tutto quello che ha ottenuto, per l’ideale per il quale ha combattuto: creare pace e magnanimità tra le nazioni e gli uomini».
Dopo la sua morte tra le sue carte nella sua abitazione di New York fu rinvenuto un piccolo manoscritto che ne ha fatto scoprire la profonda esperienza religiosa e che in Italia è stato pubblicato col titolo Tracce di cammino per le edizioni Qiqajon (2006). Ad Hammarskjöld (nella foto) va riconosciuta anche l’iniziativa di creare una stanza interreligiosa per la meditazione nel Palazzo delle Nazioni Unite, aperta al pubblico nel 1957. Sul pieghevole a disposizione dei visitatori Dag scriveva: «[…] Questo palazzo, dedicato al lavoro e alla discussione a servizio della pace, doveva avere una stanza dedicata al silenzio, in senso esteriore, e alla quiete in senso interiore. L’obiettivo è stato di creare in questa piccola stanza un luogo le cui porte possano essere aperte agli spazi infiniti del pensiero e della preghiera. […]». Ci chiediamo anche oggi: può la politica fare a meno di una “mistica”?