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L’inno di Antonio alla misericordia di Dio

suor Mary Melone

processione s.antonio

In questo mese di giugno, dedicato in modo privilegiato alla figura di Antonio di Padova, fissiamo anche noi lo sguardo sulla sua persona, cercando di rispondere a una domanda: perché la misericordia è un tema così ricorrente nei Sermoni? Perché Antonio ne parla così tanto? La sua insistenza sulla misericordia va ricondotta sicuramente al contesto ecclesiale del suo tempo e all’attività di evangelizzazione dei Frati Minori, ma la scelta di Antonio è da ricollegare anche alla sua personale esperienza di vita.

Come è noto, infatti, Antonio si chiamava Fernando e, prima di essere francescano, apparteneva ai canonici agostiniani di S. Vittore, di cui era entrato a far parte quando era giovanissimo. Aveva vissuto un’esperienza particolarmente difficile nel monastero di Coimbra, dove si era trovato in profondo disaccordo con lo stile di vita corrotto e dissoluto del priore e di alcuni suoi confratelli. Fu in quegli anni che Antonio conobbe i frati francescani, alcuni dei quali erano diretti in Marocco. Le loro spoglie, dopo il martirio, sarebbero state accolte proprio nel suo monastero. Questo incontro e la sua esigenza di radicalità evangelica lo portarono a lasciare i Vittorini per seguire le orme di povertà e minorità di Francesco d’Assisi tra i Frati Minori. La presenza dei francescani fu per Antonio, perciò, l’esperienza del volto misericordioso di Dio, che si era preso cura di lui indicandogli la via per realizzare il suo desiderio di un’autentica sequela di Cristo. Dopo circa un anno, egli sperimentò nuovamente la misericordia di Dio durante il naufragio che lo portò in Sicilia mentre rientrava dal Marocco, dove si era recato per cercare anch’egli il martirio: nella sua misericordia Dio gli chiedeva di abbandonare i suoi progetti per affidarsi alla sua volontà e al disegno che Egli aveva su di lui.

Gli anni che trascorse predicando furono poi gli anni in cui venne frequentemente in contatto con la sofferenza della gente più semplice, costretta a subire le ingiustizie e le violenze degli usurai e dei prepotenti, come Ezzelino da Romano che seminava terrore nei territori a lui sottomessi. Queste situazioni lo segnarono profondamente: nei suoi scritti, infatti, si può cogliere un’eco molto chiara del coraggio con cui, passando di città in città, denunciava l’ingiustizia e l’oppressione richiamando con forza tutti, poveri e ricchi, chierici e laici, governanti e sudditi a non lasciarsi dominare dai vizi, soprattutto dalla gola, dall’avarizia e dalla superbia che riteneva i più pericolosi, perché in grado di paralizzare del tutto l’intelligenza e la volontà dell’uomo.

Antonio però non si limitava a mettere in guardia dal peccato con la sua penetrante parola: la denuncia era infatti sempre unita all’invito a lasciarsi cambiare il cuore dalla bontà misericordiosa di Dio. Così, la sua personale esperienza di misericordia lo sosteneva mentre annunciava con forza la potenza della misericordia di Dio: «La tua misericordia è la colonna che sostiene il cielo e la terra, e se tu la togli, tutto cade in rovina. “È in grazia delle tue molte misericordie, se noi non siamo annientati” (Lam 3,22). Veramente molte sono le tue misericordie! Ogni volta che con la mente o con il corpo abbiamo commesso il peccato mortale, […] se siamo ancora in vita, dobbiamo attribuirlo all’infinita misericordia di Dio. Egli, infatti, aspetta che ci convertiamo […]. Quindi, di tutte queste misericordie dobbiamo rendere grazie al Padre misericordioso, ogni volta che abbiamo peccato e non siamo stati annientati. O noi miseri! Perché siamo tanto ingrati di fronte a sì grande misericordia?» (Sermone per la Dom. XVI dopo Pentecoste, 12). L’intera vita di Antonio di Padova appare come un grande inno alla misericordia di Dio, che egli non cessò mai di proclamare con fiducia e con speranza!