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Dal timore del giudizio alla fiducia finale

Monica Cornali

«Non credo nell’inferno, perché mi sembra un insulto alla bontà di Dio. Anche la nostra cultura laica non ammette più la giustizia puramente punitiva. E la concepisce solo come capacità di riscatto, di reinserimento. In una pena che dura per sempre come quella dell’inferno questo riscatto non c’è. Penso sia difficile ritenere che gli uomini sono più buoni di Dio. Quindi all’inferno non ci credo». Così si è espressa la teologa Adriana Zarri (1919-2010). I padri del deserto incitavano il monaco a vivere come se ogni giorno dovesse morire. Questo costante “memento” serviva a relativizzare tante paure, progetti illusori, ridicole presunzioni, esaltazioni comiche del proprio io riconsegnando l’interiorità a quiete e fiducia. Purtroppo la visione teista e la visione sacrificale della religione ne hanno fatto invece un monito moralistico. Del giudizio si è parlato, a mio avviso, con troppa sicurezza e poco amore, con la presunzione di poter dire la parola definitiva su quei livelli profondi dell’uomo in cui può penetrare solo Dio. Personalmente preferisco affidare alla misericordia divina tutto questo e mettermi in umile silenzio di contemplazione e ascolto. Riguardo alla fine della vita terrena, penso che sarebbe più utile e salutare domandarsi – anziché: «Quali meriti mi faranno…

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