Anno 134 - Marzo 2022Scopri di più

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Metà alfabeto da reinventare

Gabriele Pedrina

Vi racconto tre giochi che adoro. Il primo è “mussa”, come lo chiamiamo in Veneto: due squadre, una che salta e una che tiene. Quelli che tengono, si mettono in fila, il primo fa da palo, gli altri si piegano abbracciando da dietro i fianchi di chi gli sta davanti (il primo si attacca sul palo) formando così una specie di panca sulla quale quelli dell’altra squadra, uno alla volta, saltano in cima, prendendo la ricorsa, poggiando le mani sulla schiena del primo e spingendosi più avanti possibile (per far posto agli altri) senza cadere. Se chi sta sotto cede, perde. Se quelli sopra cadono, perdono. Se non succede nulla, patta. Ai tempi dell’università ogni occasione era buona per farsi un giro di mussa. Bastava che Il Nonno fischiasse e urlasse “Mussa!” ed eravamo tutti già pronti. Nel giro c’erano amici che pesavano più di un quintale e sentirseli arrivare sulla schiena... erano brividi. L’altro gioco è “cipolla”, anche qui due squadre. I giocatori della stessa squadra si siedono per terra, uno dietro l’altro, stringendo con le gambe e con le braccia chi gli sta davanti. Si inizia con un giocatore della squadra avversaria che cerca di staccare i primi…

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