Anno 132 - Maggio 2020

In cerca di ciò che vale

Don Carlo Broccardo

Anche per questo mese di maggio leggiamo due parabole insieme; del resto sono così brevi (la prima è composta da un versetto soltanto!)… Ma le leggiamo insieme specialmente perché sono molto simili, si richiamano e approfondiscono a vicenda. La prima ci racconta la storia di un operaio che, arando il campo per conto di un altro (sappiamo che non è suo perché poi lo compra), vi scopre un tesoro. La cosa non è inverosimile, anzi.

Nell’antichità l’unico modo sicuro per nascondere i propri tesori, nei tempi di guerra o di incertezza politica, era quello di sotterrarli; perché non si rovinassero venivano avvolti in bende o, meglio ancora, posti dentro anfore o scrigni. Passata la calamità, bastava scavare e recuperare i propri beni. Era però possibile che l’interessato morisse e la memoria del tesoro, o almeno del luogo in cui era sepolto, andasse perduta.

Una tale situazione, che a noi sembra un po’ strana, non è rara nel mondo antico; leggiamo per esempio in una satira dello scrittore latino Orazio: «Oh se mi imbattessi anch’io in un’anfora piena di denaro, come quel bracciante che trovò il tesoro, comprò il campo e lo coltivò, arricchito per grazia di Ercole, il dio tutelare». La seconda parabola è simile alla prima. Un mercante va in cerca di perle preziose; probabilmente si tratta di un gioielliere o comunque di una persona che vive del commercio di pietre preziose; era una professione che richiedeva continui viaggi alla ricerca di pezzi rari o di particolare valore.

Trovata una perla il cui valore è ai suoi occhi inestimabile, questo mercante vende tutto quello che ha e la compra. Come si può notare, il racconto è ancora più semplificato rispetto a quello precedente: non c’è il problema di nascondere di nuovo la perla perché nessuno se ne accorga; non vengono descritti i sentimenti del mercante (dell’uomo che trova il tesoro nascosto nel campo sappiamo che è pieno di gioia).

L’unico elemento su cui, con ancora maggiore chiarezza rispetto al brano precedente, si concentra l’attenzione di Gesù è il fatto che quest’uomo vende tutti i suoi averi pur di mettere le mani sull’oggetto prezioso. Notiamo infine una differenza: l’uomo della prima parabola trova il tesoro nel campo per caso; il mercante invece è uno che le perle preziose le va a cercare ogni giorno: è il suo lavoro. Questa differenza ci fa pensare alla nostra situazione. C’è chi scopre che Dio è presente nella sua vita così, all’improvviso; magari durante un pellegrinaggio oppure un periodo di volontariato o perché incontra una persona capace di trasmettergli la gioia della fede.

È l’esperienza che ha fatto Paolo: «Ma queste cose, che per me erano guadagni, io le ho considerate una perdita a motivo di Cristo. Anzi, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo» (Fil 3,7-8). È una scoperta che cambia la vita, che ti porta spontaneamente a rivedere le priorità.

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