Anno 130 - Dicembre 2018

Il sorriso di Nennolina

Don Chino Biscontin

Commuove la maturità della piccola Antonietta Meo

Sono passati parecchi anni da quando ho incontrato la figura di Antonietta Meo. Mi ero recato a venerare le reliquie della Passione nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, a Roma. Nella cappella vidi una foto di “Nennolina” (così la chiamavano): due occhi molto vivi, messi in risalto da una graziosa frangetta di capelli scuri tagliati a paggetto. Di lei informavano alcuni pieghevoli. Era morta di tumore quando aveva solo sei anni: nata il 15 dicembre 1930, è spirata il 3 luglio 1937.

Potei pregare presso la sua tomba, sistemata in una cappella adiacente: il suo corpicino, dapprima sepolto al Verano, era stato portato là nel 1999. È stata dichiarata Venerabile da Benedetto XVI nel 2007.

Questa piccolina aveva messo in imbarazzo prelati e teologi della Congregazione per le cause dei santi. Si viene dichiarati santi o per il martirio o per aver esercitato in modo eroico le virtù cristiane. Ma come parlare di virtù eroiche in una bambina di così tenera età? Non c’erano precedenti nella storia della Chiesa. Ci volle una dichiarazione della Congregazione, che riconosceva che ciò era possibile.

Era cresciuta in una famiglia nella quale i genitori vivevano una fede profonda e praticata con maturità, messa alla prova dalla prematura morte di due figli. Di carattere aperto e gioioso, Nennolina amava i giochi e il canto, ma anche la scuola, che frequentò presso due istituti di religiose, e il catechismo.

Una caduta attirò l’attenzione al gonfiore di un ginocchio che, dopo qualche incertezza diagnostica, si rivelò essere un osteosarcoma. Nell’aprile del 1936 venne amputata la gamba sinistra. Imparerà a usare una protesi che le causava dolore. Ottenne di fare la prima Comunione nella notte del Natale di quell’anno e qualche mese dopo ricevette la Cresima.

Subì altri interventi che si rivelarono inefficaci. Morì sorridendo, dopo aver sussurrato: «Gesù... Maria ... papà... mamma». La fama di santità di Antonietta Meo si è subito diffusa in maniera sorprendente.

Di lei si raccontano alcune esperienze mistiche; a lei vengono attribuite molte grazie. Ma ciò che rende straordinaria Nennolina fu l’affetto tenerissimo che nutrì per Gesù, per la Madonna e per il “carissimo Dio Padre”. Ne rendono testimonianza oltre un centinaio di “letterine” dettate alla madre o scritte da lei stessa. Una di esse finì nelle mani di Pio XI che ne rimase affascinato. In esse si rivela la sorgente dell’eroismo di fede con cui sopportò una via Crucis e un Calvario strazianti: una comunione intensa e continua con Gesù. Confidò alla mamma: «Quando soffro, io penso a Gesù e allora non soffro più! Per non soffrire è tanto semplice: invece di pensare ai tuoi dolori, pensa a quelli di Gesù, che ha tanto sofferto per noi, e vedrai che non senti più nulla».


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