Anno 132 - Ottobre 2020Scopri di più

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Giustina, giovane e coraggiosa

Alfredo Pescante

La nobile padovana Giustina, figlia di Vitaliano e Prepedigna, fu martirizzata il 7 ottobre del 304 in Prato della Valle, con una spada conficcata nel petto, per ordine dell’imperatore Massimiano, perché non volle sacrificare al dio Marte. Grazie all’esempio della sua vita spesa nel visitare “i servi del Signore” e nel coraggio della fede, ella presto affascinò i fedeli di Padova e del Veneto, i quali le dimostrarono intensa devozione visitando la sua tomba su cui fu elevata l’immensa Basilica.

Il fiore preminente della comunità cristiana locale non poteva non avvincere il genio di Donatello quando i frati gli chiesero di elevarle una bronzea statua sull’Altar maggiore della Basilica antoniana per far compagnia alla Vergine col Bimbo, ai santi Francesco e Ludovico e agli altri tre patroni di Padova.

Finissimo interprete della bellezza, il Fiorentino immortalò la quindicenne, entrata nel regno dei cieli come vergine e martire, col creare un personaggio capace di far pensare in profondità alla giovinezza femminile e di illuminare il cristianesimo anche nei secoli futuri.

Giustina, assieme a Daniele, doveva con una mano indicare la custodia dell’Eucarestia, fonte della sua vocazione a seguire il Maestro nella morte e nell’oscurità del sepolcro. Lo scultore, quasi a renderla serena, non le piazza sul petto (come Paolo Veronese nella pala della Basilica giustiniana) la corta spada del carnefice. Il martirio si evince dalla palma trattenuta dalla mano sinistra al seno.

La santità di Giustina promana invece dal suo splendido giovanile viso, arricchito in fronte da un diadema, dal capo rivestito di corona da cui scendono dorati capelli sulle spalle e soprattutto dagli occhi a mandorla che fissano l’unico Amore della sua esistenza.

Sulla bocca e sul collo alcune toppe bronzee indicano una non perfetta fusione di Andrea delle Caldiere, in quell’aprile 1448, che nulla tolgono alla stupenda realtà di questo capolavoro.