Anno 132 - Maggio 2020Scopri di più
E dopo la salita?
Elide Siviero
«Lloyd, è un periodo in salita». «Vorrà dire che continuerà in modo migliore, sir». «Perché dopo la salita c’è la discesa?». «Perché dopo la salita c’è il panorama, sir» (Simone Tempia, In viaggio con Lloyd).
Questa frase mi risuona dentro da alcuni giorni. Scrivo questo articolo nel tempo della reclusione per tutti gli Italiani… quando verrà pubblicato non so come sarà evoluta la situazione, ma è giusto riflettere su quanto stiamo vivendo. Prima di tutto, in mezzo a tutte le voci, le parole, le esortazioni o ai versi di sventura che sento attorno a me, ecco un invito diverso: il cammino che stiamo facendo può condurci a contemplare un panorama diverso.
Il cristiano non vive fuori dalla realtà, ma deve leggere la realtà con gli occhi della fede. Ci sentiamo impauriti, minacciati, rinchiusi, privati della nostra libertà, ma anche di tutto ciò che davamo per scontato, dagli amici alle gite, dalla Messa alla confessione, perché un virus stravolge la nostra vita. Siamo minacciati e dobbiamo resistere, senza drammi: siamo chiusi in casa, ma Anna Frank fu chiusa in una soffitta per due anni, con pochissimo cibo, senza potersi muovere o far rumore. Non possiamo uscire, ma possiamo telefonarci, videochiamarci, guardare la televisione, essere informati, chiamare il medico, andare in farmacia, leggere, studiare, suonare, cucinare, fare ginnastica… la vita stravolta non ci è tolta, se non ci prende il virus minaccioso.
Ma dobbiamo riuscire a trarre il meglio da tutto questo: prima che la vita ritorni come prima, ci vorrà tanto tempo; conteremo i morti sepolti senza esequie, i sanitari caduti sul campo, le imprese chiuse o in difficoltà. Ma dobbiamo anche contare quanti saranno cambiati grazie a questa tragedia, quanti avranno scovato dentro di sé la sete di Dio, la forza nella preghiera, l’amore ai fratelli, l’importanza delle relazioni e soprattutto la nostalgia per la Liturgia. Avremo capito la preziosità del Servizio Sanitario Nazionale e di come vada preservato e custodito.
Daremo importanza a ogni saluto, a ogni incontro, a ogni sorriso, a ogni persona. Avremo scoperto che la nostra vita è fragile, debole, ma anche che essa è custodita da Dio. Avremo scoperto che non possiamo programmare nulla, perché basta un virus a cambiare le carte in tavola, ma non finiremo di progettare e sperare, solamente senza delirio di onnipotenza. Con fiducia, ma anche consapevoli del nostro limite. Mi tornano in mente le parole di Etty Hillesum (nella foto), una giovane ebrea di 25 anni, scritte nel suo “Diario 1941-1943” in piena persecuzione degli Ebrei: «Mio Dio, prendimi per mano: ti seguirò da brava, non farò troppa resistenza, non mi sottrarrò a nessuna delle cose che mi verranno addosso in questa vita. Cercherò di accettare tutto e nel modo migliore, ma concedimi di tanto in tanto un breve momento di pace…
Possono renderci la vita un po' spiacevole, possono privarci di qualche bene materiale o di un po' di libertà di movimento, ma siamo noi stessi a privarci delle nostre forze migliori col nostro atteggiamento sbagliato… Le minacce e il terrore crescono di giorno in giorno: ma io innalzo intorno a me la preghiera come un muro che offre riparo, mi ritiro nella preghiera come nella cella di un convento e ne esco più raccolta, concentrata e forte». La rinuncia più grande, quella dell’Eucaristia, ci pone accanto a tutti quei cristiani che possono avere una Messa solo poche volte all’anno; a quelli perseguitati, senza sacerdoti; ai martiri giapponesi che non videro più un prete, non ebbero più una Messa, ma non cessarono di credere nella morte e risurrezione di Cristo: scopriremo con questo digiuno il bene prezioso che ci è stato consegnato da Cristo.
«Odio vivere nelle ristrettezze, Lloyd». «Suggerirei allora di provare a ridimensionarsi, sir». «Certe diete richiedono enormi sacrifici, Lloyd». «Che in cambio però ci ridanno qualcosa di ancora più importante, sir». «La linea che avevamo perduto, Lloyd?». «Quella fame che avevamo dimenticato, sir». Che tutto questo ci faccia scoprire la fame di Dio.