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Dal torpore all’operosità

suor Anna Maria Borghi

Conosciamo certamente tutti la fiaba della formica e della cicala, figure del binomio operosità-negligenza antico quanto l’uomo. Anche la tradizione morale contrappone alla virtù della diligenza il vizio della pigrizia e lo stesso sant’Antonio ne parla nei suoi Sermoni. Così scrive: «Anche nell’anima è necessario fare sempre qualche cosa, perché non si avveri ciò che dice Salomone: ”Sono passato per il campo dell’uomo pigro, ed ecco che le spine lo avevano invaso completamente” (Proverbi 24,30-31). Infatti dove c’è il torpore della pigrizia, subito prosperano le spine pungenti dei pensieri perversi. Perciò l’anima dev’essere seminata con la semente della predicazione». E ancora: «Ogni anno, durante la quaresima, [ciascuno] deve perquisire la propria coscienza, che è la casa di Dio, e tutto ciò che vi trova di nocivo o di superfluo deve circonciderlo nell’umiltà della contrizione; e deve anche considerare il tempo passato, cercando diligentemente ciò che ha commesso, ciò che ha omesso». Solo alcune sottolineature: la prima a partire dalla premessa, che concentra l’attenzione su una dimensione facilmente trascurata, l’«anima», o per usare un linguaggio un po’ più familiare, l’interiorità. Siamo spesso molto indaffarati - per non dire a volte sopraffatti - dagli impegni di lavoro, dalle responsabilità familiari o dalle…

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