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Il timore dell’aldilà e il rammarico attuale

Fratel MichaelDavide Semeraro

Sono la nonna di una nipotina di dodici anni, molto esuberante e intelligente. Spesso, a motivo del lavoro dei suoi genitori, trascorre interi pomeriggi con me procurandomi una gioia grandissima. Càpita a volte che mi trovo a richiamarla per piccoli suoi atteggiamenti di invidia e gelosia o per il difetto di raccontarmi inutili bugie che immancabilmente smaschero. La ammonisco dicendole che la verità e la bontà la renderanno di certo una persona più bella tra le sue amiche, e a volte anche dicendole che queste virtù segnano la strada del paradiso, ben diversa da quella che porta all’inferno. Vedo però che come pronuncio la parola inferno lei si mette a ridere e non mi presta più attenzione. Eppure io sono cresciuta anche con il timore dell’aldilà; ora vedo che non se ne parla più. È forse sbagliato il mio parlarne? L.Z. (Taranto) Il suo modo di parlare non è sbagliato in sé, ma sicuramente va adattato alla sensibilità e al linguaggio delle nuove generazioni. Invece di parlare di “inferno” cerchi di parlare di vita autentica e di piena umanità. Ciò che fino a poco tempo fa mettevamo sotto la parola “inferno” può essere comunicato con immagini meno truculente che facciano…

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