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Sì, anche la fiducia è segnata dal dubbio

mons. Giampaolo Dianin, vescovo

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Credere in Dio è fidarsi di lui e affidarsi a lui. Il credente si abbandona nelle mani di Dio che riconosce come Creatore, come colui dal quale veniamo e che ci attende al termine della vita. Anche il matrimonio è esperienza di fiducia e di affidamento nella persona amata e scelta. Non è facile fidarsi e affidarsi a Dio come non lo è fidarsi e affidarsi a un essere umano per quanto amato e scelto come partner per la vita.

La fiducia fa i conti anzitutto col dubbio. Come non ricordare l’esperienza dell’apostolo Tommaso che di fronte alle parole dei suoi amici esplicita con chiarezza il suo dubbio: «Voglio vedere, toccare». Tommaso non si affida né a Dio né ai suoi amici. Sappiamo come andrà a finire: «Stendi la mano e non essere più incredulo ma credente» (Gv 20,19-29). Tommaso col suo dubitare ci ha fatto un grande regalo, un’altra beatitudine che sentiamo proprio nostra: «Beati quelli che pur non avendo visto crederanno».

Chi non ha avuto dubbi nei confronti del proprio partner? Chi non ha pensato, almeno qualche volta, di aver sbagliato persona? Chi non ha coltivato domande e inquietudini nel proprio cuore? Chi non ha sperimentato la fatica di fidarsi? Se poi abbiamo alle spalle una relazione difficile seguita da un abbandono, è ancora più faticoso fidarsi dell’altro. La fiducia poi ha il volto della lotta. Una delle icone più belle della lotta tra l’uomo e Dio è quella di Giacobbe che combatte con l’angelo (Gen 32,23-32). Giacobbe sta vivendo un doloroso conflitto col fratello Esaù, geloso per la primogenitura che il padre gli ha dato.

In questo clima teso e angosciato la stanchezza e l’abbattimento raggiungono il culmine; tutti i perché e la rabbia di Giacobbe si trasformano in una lotta fisica con un personaggio che la tradizione interpreterà in tanti modi fino a parlare di Dio stesso. La lotta continua fino all’alba, ma alla fine Giacobbe esige da Dio una risposta o almeno un segno della sua presenza. Giacobbe esce cambiato da questa lotta, e percepisce la presenza di Dio.

Ogni relazione d’amore è anche una lotta fatta di confronto, scambio di idee, ricerca di ragioni, fatica di accettare la diversità dell’altro, il suo modo di pensare, le sue particolarità. L’incontro tra un uomo e una donna è anche lotta, perché siamo due interi che camminano insieme e non due metà, come di solito si dice, che devono incastrarsi. Abbiamo due teste e due modi di essere e agire. Nella “lotta sponsale” non si capisce alla fine chi vince, ma il confronto è vitale e a vincere è proprio la relazione che ne esce più vera e reale.

Tutti i credenti vivono momenti di questo genere, fatti di lotta, stanchezza, rabbia, lacrime. Quando si raggiunge il colmo della sopportazione e non si riesce più ad andare oltre, in quei momenti molti dicono: «Non credo più, non ho più la forza di credere». In realtà quei momenti sono solo una faccia della fede che è anche lotta e combattimento. Una terza faccia della fiducia è la diffidenza. La memoria va al rapporto ambivalente tra Saul e Davide (1Sam 18,6-16). A volte Saul riconosce la devozione di Davide, altre volte è geloso e vuole eliminarlo.

Vive tutta l’ambivalenza del rapporto tra fiducia e diffidenza. Il credente sa che Dio merita fiducia, sa che vuole il nostro bene, che sta dalla nostra parte, ma spesso non riesce a fidarsi. La vicenda di Saul e Davide è anche quella di ogni coppia. Più la relazione cresce, più ci sembra che lo stare insieme, accanto alle infinite gioie ed emozioni che regala, sia anche una limitazione della nostra libertà e autonomia.

A volte ci sentiamo stretti, perfino soffocare dalla presenza dell’altro. Eccola la fede diffidente: da una parte penso che per essere me stesso bisogna che Dio non ci sia, perché non mi lascia essere me stesso, mi ruba il posto, limita la mia libertà; dall’altra, proprio come Saul, vedo che mi ama davvero, che è mio alleato, che quella relazione è una strada di felicità. La fiducia, infine, è anche esperienza di fragilità. Durante la tempesta nel lago Gesù, svegliato dai discepoli, li rimprovera: «Perché avete paura, uomini di poca fede?» (Mt 8,23-26).

Loro sono partiti con la barca, hanno accettato il rischio, ma poi la paura li ha presi e non sono riusciti ad andare fino in fondo. Come non riconoscere l’ambivalenza della nostra fede: crediamo, vogliamo affidarci, ma nel profondo ci accorgiamo di essere increduli, di dubitare. È umano, è comprensibile, è il nostro difficile cammino di credenti fragili. La fiducia è una delle caratteristiche della vita di coppia. I fidanzati e gli sposi sono due persone che si fidano l’uno dell’altra.

Fidarsi è credere che ci sei, che mi vuoi bene, che mi ami anche se vedi i miei limiti, che mi perdoni, che mi starai accanto nel bene e nel male. Credere nel Dio di Gesù Cristo è anzitutto fidarsi, ma è una fiducia che nasce dall’amore e dal sapere che veramente Dio merita fiducia. Ma la fragilità ci fa dubitare, rallenta il cammino, insinua dubbi e domande. Chi vive l’esperienza del matrimonio può capire anche cosa significhi fidarsi e affidarsi a Dio.