Anno 133 - Settembre 2021

L’Alzheimer scolora volti e ricordi

Rosabianca Guglielmi

La malattia di Alzheimer oggi colpisce circa il 5% delle persone con più di 60 anni e in Italia si stimano circa 500.000 ammalati. È la forma più comune di demenza senile; è provocata da un’alterazione delle funzioni cerebrali che comporta gravi difficoltà nel condurre le normali attività quotidiane, colpisce la memoria e le funzioni cognitive, coinvolge la capacità di parlare e di pensare, ma può causare anche stati di confusione, sbalzi di umore e disorientamento spazio-temporale.

Anche se ogni malato presenta un decorso personale, l’esordio della malattia è molto subdolo: le persone cominciano a dimenticare alcune cose e un po’ alla volta arrivano al punto di non riconoscere neppure i propri familiari. Il decorso può essere suddiviso grossolanamente in tre fasi: inizialmente sono presenti disturbi della memoria, ma anche del linguaggio; la persona è ripetitiva nell’esprimersi, tende a perdere le cose, non trova la strada per tornare a casa, è irritabile, emotivamente instabile e imprevedibile, dimostra incapacità di seguire delle indicazioni precise, ma tende anche a trascurare la propria sicurezza personale e l’igiene.

In seguito perde gradualmente la sua autonomia, soffre di allucinazioni deliranti e richiede un aiuto continuativo. Nell’ultima fase la persona non è assolutamente più autosufficiente, non mangia più, diventa incontinente, è costretta a letto o su sedia a rotelle. La durata media della malattia varia dagli 8 ai 10 anni, e la rapidità con cui i sintomi si acutizzano cambia da persona a persona. A volte i disturbi cognitivi possono essere presenti anche anni prima che venga posta diagnosi di demenza di Alzheimer.

Oggi l’unico modo di porre una diagnosi certa di demenza di Alzheimer è attraverso il riscontro delle placche amiloidi nel tessuto cerebrale, possibile solo con l’autopsia dopo la morte del paziente. Ciò significa che, durante il decorso della malattia, si può fare solo una diagnosi di Alzheimer “possibile” o “probabile”. Per questo i medici ricorrono a diversi test, come esami clinici (prelievi del sangue, delle urine, del liquido spinale), test neuropsicologici (per misurare la memoria, la capacità di risolvere problemi, il grado di attenzione, la capacità di contare e di dialogare), Tac cerebrale (per identificare ogni possibile segno di anormalità).

Questi esami permettono al medico di escludere altre possibili cause che provocano sintomi simili: per esempio problemi tiroidei, reazioni avverse a farmaci, depressione, tumori cerebrali, malattie dei vasi sanguigni cerebrali. Come in altre malattie neurodegenerative, la diagnosi precoce è molto importante sia perché offre la possibilità di trattare alcuni sintomi della malattia, sia perché permette al paziente di pianificare il suo futuro, quando ancora è in grado di prendere decisioni.

Purtroppo non esistono farmaci in grado di fermare o far regredire la malattia e tutti i trattamenti disponibili sono orientati a contenerne i sintomi. Esistono anche delle cure non farmacologiche per il trattamento della demenza di Alzheimer, come la ROT (terapia di orientamento alla realtà) di evidente efficacia, anche se modesta. Questa terapia è finalizzata a orientare il paziente rispetto alla propria vita personale, all’ambiente e allo spazio che lo circonda tramite continui stimoli di tipo verbale, visivo, scritto e musicale.

Per supportare i soggetti con Alzheimer è possibile avvalersi inoltre dell’utilizzo di alcuni strumenti compensativi. Gli audiolibri sembrano essere molto utili per queste persone. Innanzitutto, l’ascolto di brani, in una condizione come questa in cui le attività quotidiane e quindi anche la lettura vengono compromesse, permette di offrire una stimolazione a livello cognitivo.

Ciò è molto importante, poiché è una delle sfere che maggiormente viene colpita dalla patologia e in questo modo si può limitarne e rallentarne il processo di decadimento. Inoltre, le più recenti evidenze scientifiche suggeriscono l’impiego di esercizi di riabilitazione cognitiva abbinati a stimolazioni elettromagnetiche ripetute.

La diffusione crescente della malattia, le attuali terapie non risolutive e il grande investimento di risorse che ricade sulla famiglia rendono l’Alzheimer una delle patologie a più grave ricaduta sociale del mondo.

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