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Il senso di un addio

Elide Siviero

La grande poetessa Marina Cvetaeva (1892-1941) aveva intessuto un carteggio poetico con Rainer Maria Rilke (1875-1926) senza averlo mai incontrato di persona. Quando finalmente era nata l’occasione per vedersi, il grande poeta, gravemente ammalato da tempo, morì proprio poco prima del loro appuntamento. Lei allora gli dedicò una lettera in cui, tra le altre cose, scrisse: «Non mi prenoterai una camera, una stanza, una casa, ma un intero paesaggio celeste... Mi hai preceduto, così è stato più bello... ». Mi hanno molto commosso queste parole che sentii per radio tempo fa: molti di noi hanno perso delle persone care durante la pandemia senza poterle vedere, salutare, incontrare. Dire addio in questo modo è ancora più doloroso. Le parole della Cvetaeva diventano lenitive: si parla di qualcuno che, morendo, semplicemente ci precede e ci prepara un paesaggio celeste. La nostra fede ci sostiene in questa certezza, perché il Cristo stesso ci assicura «vado a preparavi un posto» (Gv 14,2b). Ora tutta questa terminologia, molto attiva, sgombra il campo da idee devianti sul riposo eterno. Santa Teresa del Bambino Gesù garantiva: «Passerò il mio Paradiso a fare del bene sulla terra». Il riposo del cielo non è quindi un noioso far nulla…

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