Anno 132 - Aprile 2020

Gli angeli dell’altare maggiore

Alfredo Pescante

Il Paradiso, spesso rappresentato da schiere d’angeli svolazzanti nel cielo delle cupole o posizionati accanto a santi e personaggi biblici, occupa grande spazio in molte chiese. Ancor più nella Basilica antoniana ove fra Valerio Zaramella, nella sua guida “Basilica del Santo”, si è fermato a conteggiarne ovunque a centinaia. I più belli, espressivi, celestiali, poco notati perché occupando fianchi e paliotto dell’Altare maggiore risulta arduo leggerli da lontano, son quelli scolpiti da Donatello a iniziare dal 1447.

Ai più posson sembrare opere meno significative, tuttavia già il prezzo sostanzioso pattuito per ogni formella (12 ducati d’oro) indica le sicure attese dei committenti per il livello artistico che avrebbero raggiunto. Trattasi di tredici pannelli in bronzo con auree lumeggiature riproducenti dieci angeli musicanti e due coppie di angeli cantori, quest’ultimi accanto al Cristo morto (al centro) che è vegliato da un’altra coppia di angeli piangenti, i quali, a intensificare il mesto atteggiamento, sostengono il viso con una mano.

Son frutto del lavoro del Fiorentino che, ideati, disegnati, creati i modelli in creta e cera, indi fùsili in bronzo, si servì d’alcuni collaboratori nelle operazioni di pulitura, rappezzatura, incisione e lucidatura. Alcuni critici si son scervellati nell’individuare i nomi degli aiuti; a noi basti ammirare questi fiori d’innocenza con intensità e devozione, pensando alla gioiosa loro compagnia nell’aldilà. Chiusi poi gli occhi, ci parrà udire, quasi sinfonia, le celesti melodie che Donatello fa sprigionare dalle voci e dagli strumenti di questi piccoli alati alle prese con tamburelli, zampogna, arpa, flauti, mandolino, ribèca e cembali.

Dicono che Donato de’ Bardi, “impareggiabile interprete della poesia dell’infanzia”, abbia scelto a modelli i bambini padovani dell’epoca. Uno stimolo per noi nell’aiutare i piccoli a conservare sempre quegli occhi gioiosi e puri che lo scultore ha forgiato nelle sublimi sue creature.

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