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Diamo tempo alle cose di svelarsi

Gabriele Pedrina

Son convinto che per voi ragazzi l’idea di indugiare non suoni bene. Vi fa pensare al compagno di squadra che aspetta troppo prima di passarvi il pallone, così che il terzino da cui vi eravate smarcati vi è già tornato addosso. Oppure vi torna alla mente di quella volta che a mamma ci son voluti due mesi per dirvi se potevate o meno andare a quel concerto e voi lì, ad aspettare, mentre i biglietti si stavano esaurendo. Ma indugiare vi ricorda anche di quella volta che da in cima allo scoglio non sapevate se buttarvi o meno, mentre i vostri amici vi sfottevano e le ragazze vi guardavano… avete ben capito come.

Magari qualche tenerezza in più ce l’ha il ricordo del primo bacio e di quegli attimi interminabili prima che accadesse per davvero o di quella volta che il professore ha aspettato una “eternità” per dirvi che, sì, l’esame l’avevate superato e ci stava pure la lode. Se uno indugia, il motivo c’è e, solitamente, si chiama incertezza da cui, comunque, esce con l’immagine dell’insicuro o di chi non si fida. E non piace, ovviamente. Perché tutti vorremmo passare per quelli nati pronti, che sanno sempre cosa fare, come rispondere o reagire.

Non solo perché questo ci fa prendere punti di fronte ad amici e amiche, ma ancor più, per chi ha fretta di vivere, perché indugiare significa perdersi occasioni, buttare via tempo a fare mille ragionamenti, mentre emozioni ed esperienze son come quei kayak che scivolano veloci sulle acque di un torrente con te che li guardi passare. A questo si aggiunge che quando sono gli altri a indugiare con voi vi rimane il dubbio che non si fidino, che stiano considerando qualcosa di voi che non li convince e questo, ancora una volta, vi rende insicuri (e anche un po’ arrabbiati). Mi chiedo se tutto questo rifiuto dell’insicurezza non sia esagerato.

Certo, quando ci paralizza non è una buona cosa a meno che non sia come quel farsi immobili degli animali che si fingono morti per sfuggire alla caccia di un predatore. Però dai! Possiamo affrontare la vita con più risorse di un topino che sfugge al gatto. E la nostra miglior risorsa è il pensiero che sa comprendere e dare un significato a quello che succede partendo non solo dal fatto in sé, ma anche da tutto ciò che lo circonda. Indugiare è essenziale se si vuol capire bene lasciando il tempo alle cose di svelarsi.

Quante volte, soprattutto sui social, dite una cosa e in un nano secondo c’è già chi ha da criticare o da ridire oppure vi riempie di like convinto che abbiate detto cose che neanche pensavate. Quante volte papà ha detto di no prima ancora che finiste di chiedere o gli amici hanno iniziato a parlare d’altro senza rendersi conto di ciò che stavate dicendo. E cosa pensare di quando la vostra amica ha iniziato a sparlare di quella con cui voi avevate litigato, convinta di difendervi e prendere la vostra parte, ma senza aspettare, senza ascoltarvi fino in fondo e lasciare che uscissero anche le parole più scomode, quelle che raccontavano come, in fondo in fondo, la colpa era tutta vostra.

Prendersi tempo a volte appare un lusso che non abbiamo, molte altre è una necessità di cui ci rendiamo conto solo dopo, come quella volta che, in un locale affollato, per salvare al volo un bicchiere scivolato di mano a una ragazza vicina a me, ho spintonato un cameriere facendo cadere il suo vassoio con 8 calici di prosecco sopra. Indugiando probabilmente sarei arrivato tardi per salvare quel bicchiere, però avrei potuto evitare l’altra strage. Per cui se ascoltiamo fino in fondo prima di parlare e ci guardiamo tutt’attorno prima di agire, anche senza fare come il topino che si finge morto, indugiando possiamo veramente cambiare qualcosa.