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Ottobre 2025 ass univ sant antonio
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Dalle radici ai frutti gustosi

suor Mary Melone

Tra le finalità che Antonio si prefigge con la composizione dei suoi Sermoni appare non secondaria quella di accogliere l’appello deciso alla formazione della coscienza fatto dal Concilio Lateranense IV, celebrato nel 1215, che aveva definito la forma individuale e segreta della confessione. Antonio cercherà di contribuire alla formazione della coscienza sia con la predicazione sia attraverso l’insegnamento, dedicando particolare attenzione alla celebrazione del sacramento. Nella sua visione, infatti, aiutare il cristiano a celebrare bene il sacramento della penitenza, come spesso egli lo chiama, significa in realtà aiutare la persona a conoscersi più in profondità, a saper individuare quei movimenti dell’animo da cui scaturiscono le decisioni e le scelte di vita.

Il primo passo per vivere bene il sacramento, secondo il Santo, è la conoscenza di sé, dalla quale dipende il discernimento, cioè la possibilità di distinguere il bene dal male e il vero dal falso: «Parimenti, l’albero della conoscenza del bene e del male raffigura il discernimento. È questa la vera scienza, la sola che sa sapere, la sola che rende sapienti, che rende capaci di discernere tra puro e impuro (cfr. Lv 10,10), tra lebbra e non lebbra, tra vile e prezioso, tra luminoso e tenebroso, tra virtù e vizio. Il discernimento consiste nell’osservare e soppesare tutte le cose e nel capire a che cosa esse tendano» (Sermone Invenzione della Croce, 10).

L’importanza riconosciuta alla conoscenza di sé si spiega tenendo conto che per Antonio non è sufficiente vedere il proprio peccato, ma bisogna anche riconoscere da che cosa ha avuto origine, quali sono le radici che il male ha messo nel cuore, per poterle adeguatamente sradicare attraverso un cammino di conversione reso possibile dalla misericordia di Dio. Questa precisazione dà ragione del perché egli si concentri su tre elementi costitutivi del sacramento della riconciliazione, che sono la contrizione, la confessione, la soddisfazione. Tantissime sono le immagini, per lo più tratte dalla Scrittura, per descrivere questi tre momenti dell’itinerario di conversione.

Significativa è, a esempio, l’evocazione dei frutti: «“Fate frutti degni di penitenza” (Lc 3,8). Fa’ attenzione che dice “ frutti”. Ci sono tre cose nella pianta: il germoglio, il fiore e il frutto. Il germoglio è la contrizione, il fiore è la confessione, il frutto è la soddisfazione: e chi non ha quest’ultima, non ha neppure la penitenza perfetta» (Sermone per la Dom. IV dopo Pentecoste, 10). La contrizione è il primo momento, in cui il penitente riconosce la condizione di peccato in cui si trova e la sua lontananza da Dio e ne prova dolore. Da questo dolore scaturisce poi il desiderio di intraprendere un cammino di conversione, che può avvenire, però, solo con la confessione della propria colpa, ammettendo il proprio peccato.

L’ultimo movimento su cui Antonio insiste particolarmente è quello della soddisfazione, che esprime la volontà del penitente di riparare in qualche modo al male compiuto. Si tratta di un momento essenziale, perché esprime concretamente l’impegno di rinnovamento che il penitente intende assumere. «Daniele è figura del penitente, il quale per timore e amore di Dio fa di se stesso causa, giudizio e giustizia. […] Fa causa a se stesso con la contrizione, la quale è origine di ogni cosa giusta ed è un impulso dell’animo a fare il bene; fa il giudizio nella confessione, nella quale mette in discussione se stesso e si esamina; fa la giustizia nella riparazione, nella quale dà a ciascuno il suo: a Dio la preghiera, a se stesso il digiuno, al prossimo l’elemosina. In questo infatti consiste la soddisfazione o riparazione» (Sermone per la XXII Dom. dopo Pentecoste, 1). Antonio ci insegni a rendere grazie alla misericordia di Dio celebrando bene il sacramento della riconciliazione!