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Cirillo e Metodio giganti del Vangelo

suor Marzia Ceschia

Nati a Tessalonica a inizio IX secolo, i due fratelli Cirillo e Metodio sono ricordati nella Chiesa come gli “apostoli degli slavi”, pionieri dell’inculturazione della fede in paesi pagani di cultura diversa da quella greco-romana. Erano figli del magistrato Leone, attivo presso la corte di Bisanzio; morto il padre, Metodio (che in realtà si chiamava Michele e assunse il nuovo nome dopo la scelta di vita monastica) si trasferì in Macedonia per amministrare una provincia, Costantino (che ricevette il nome di Cirillo anch’egli da monaco, verso la fine della sua vita) divenne sacerdote e fu incaricato della biblioteca patriarcale. Metodio, verso l’850, decise di farsi monaco nel monastero Polychron sul monte Olimpo, presso Cizico in Bitinia.

Cirillo, provvisto di un’istruzione raffinata che spaziava dalla retorica, alla grammatica, all’astronomia e alla musica, alla proposta di diventare un alto dignitario imperiale rifiutò. I due fratelli svolsero in Europa centrale un’intensa opera di evangelizzazione, attenti alle usanze e alla lingua dei popoli con cui entravano in contatto. In particolare furono richiesti dall’imperatore di Costantinopoli per una missione in Crimea e in Moravia. In questo contesto si deve a Cirillo l’invenzione di un nuovo alfabeto per tradurre in segni i suoni della lingua slava, dando vita alla cosiddetta scrittura glagolitica (glagol significa parola) grazie alla quale intraprese la traduzione di testi del Vangelo, a partire dal Prologo di Giovanni e da testi liturgici.

La predicazione in lingua locale da parte dei due fratelli suscitò molte conversioni, nonostante la contrarietà dei missionari franco-tedeschi, difensori dell’utilizzo esclusivo del latino. Nell’anno 867 Metodio e Cirillo si recarono a Roma e furono accolti con grande onore da papa Adriano II, al quale furono consegnate le reliquie di san Clemente rinvenute dallo stesso Cirillo durante la missione in Crimea. Il pontefice approvò la loro opera di evangelizzazione utilizzando la lingua del popolo e acconsentì anche all’uso dei testi liturgici in lingua slava. Durante la permanenza a Roma Cirillo si ammalò gravemente e morì il 14 febbraio 869, dopo aver vestito l’abito monastico presso il monastero greco della Città.

Fu sepolto presso la basilica di San Clemente. Metodio, invece, fece ritorno in Moravia, fu eletto vescovo e assegnato alla sede di Sirmio (oggi Sremska Mitrovica in Serbia), ricevendo anche il titolo di Legatus apostolicus ad gentes slavas sedis a latere, ovvero legato apostolico per le popolazioni slave che vivevano in Moravia e per le genti delle antiche province romane della Pannonia Superior (attuali Ungheria, Slovacchia, parte dell’Austria e Slovenia) e di quella Inferior (corrispondente a Serbia, Croazia, Bosnia-Erzegovina). Visto con avversione dai vescovi latini, a Metodio fu impedito di proseguire nel suo intento missionario, fu deposto e detenuto per due anni in Baviera con la connivenza di Ludovico il Germanico.

Liberato per l’intervento di papa Giovanni VIII, dovette negli anni successivi affrontare altre accuse e sofferenze per le quali ancora si recò a Roma, ricevendo di nuovo approvazione per il suo metodo di evangelizzazione. Morì nel sud della Moravia il 6 aprile 885. La liturgia dei suoi funerali fu celebrata in latino, greco e slavo. Furono i discepoli di Cirillo e Metodio – che pure subirono non poche persecuzioni – a continuarne l’opera e a elaborare l’alfabeto cosiddetto cirillico bulgaro-russo, abbandonando la lingua glagolitica. Fautori di una pionieristica opera di mediazione linguistica, Metodio e Cirillo sono stati proclamati patroni d’Europa da papa Giovanni Paolo II il 31 dicembre 1980 con la lettera apostolica Egregiae virtutis.