Anno 131 - Marzo 2019

Che impronta lasci di te al mondo?

Alessandra Castelliti

Ognuno di noi è sempre in ricerca e vuole lasciare un’impronta nel cuore di altri esseri umani, perché sente che solo così ha senso il suo esistere

È molto triste “passare per la vita” e attraversarla senza lasciare un’impronta di se stessi. Spesso scegliamo la comodità scambiandola per felicità o libertà, e l’inconsapevolezza o la paura di scegliere ci portano a perdere uno degli aspetti più preziosi dell’uomo e per l’uomo: la libertà. Essere liberi di lasciare un’impronta di sé non significa fare ciò che si vuole andando controcorrente per dimostrare la propria originalità, ma riscoprire il segreto che abita in ognuno di noi e che contiene il “compito o missione” per cui siamo nati. Solo allora la vita sarà colorata, altrimenti il nostro esistere si esprimerà nell’ombra con la pesantezza di vivere una vita non piena.
Una paziente un giorno mi chiese: «Quali sono le impronte che gli esseri umani possono lasciare nel mondo?». Infinite – risposi – quanti sono gli esseri umani che nella loro diversità e unicità portano il loro contributo all’universo con il loro esistere: dipingere, disegnare, danzare, scrivere canzoni, poesie, racconti, suonare, cantare, manipolare materiali, portare un messaggio di bene e speranza, svolgere il proprio lavoro con impegno, avere dedizione verso il prossimo, ascoltare, studiare, amare, esserci, intessere sul telaio fili colorati che trasformano un pensiero in forma, preparare un piatto caldo con amore, costruire barche, scoprire una molecola, coltivare le amicizie, fare un buon liquore o vino, stirare senza mai lamentarsi, coltivare i fiori e le piante, quindi svolgere le proprie mansioni quotidiane in modo unico, originale, così da far sentire a chi ci sta accanto che è meraviglioso questo modo di concepire la vita, lasciare un’impronta nel cuore di una persona...

Molte volte nei colloqui emerge il “sentirsi trasparenti agli occhi degli altri, non trovare il proprio posto o la propria forma per contagiare il mondo di sé”; quindi è comprensibile la fatica che ognuno di noi deve fare per incontrare se stesso, chiedendosi cosa desidera e per quale aspetto si sente orientato. Ricordiamoci che solitamente siamo inclini a dirigere la nostra attenzione, interesse e curiosità verso gli altri e ciò che fanno gli altri, alimentando così in noi mancanza di stima, invidia e gelosia. Dovremmo fare il procedimento inverso: dirigere la nostra attenzione dentro di noi, perché dentro ognuno di noi c’è qualcosa da coltivare e far fiorire con amore, impegno e passione, altrimenti il miracolo non accadrà mai e la bellezza del “lasciare in eredità un pezzo di sé” svanirà. Quando sentiamo pronunciare la parola eredità pensiamo principalmente ai beni materiali, invece essa ha un’accezione molto più grande: l’incontro con un altro essere vivente, che risveglia in noi parti profonde tralasciate, dimenticate, mai ascoltate. Solo l’incontro profondo con l’altro ha la forza di trasformare e dar luce a un fuoco che era rimasto soffocato per anni.

Mi piace riportarvi un pensiero di Ma-Tzu: «Non sforzarti di seguire le orme dei maestri: cerca ciò che essi cercavano». Ognuno di noi è sempre in ricerca e vuole lasciare un’impronta nel cuore di altri esseri umani, perché sente che solo così ha senso il suo esistere. A tale proposito Bianca scrive: «Da anni pensavo nel silenzio di me stessa il perché Flavia, un’amica d’infanzia, avesse sin da piccola una grande propensione per la scrittura: spontaneamente e velocemente scriveva favole per bambini che tutti apprezzavano. Io in quel periodo non riuscivo a riconoscere dentro di me un qualcosa che potesse aiutarmi a lasciare la “mia impronta”, fino a quando non sentii il messaggio di Papa Francesco ai giovani: “Siamo venuti al mondo per lasciare un’impronta” (Giornata mondiale della gioventù, Cracovia 2016). Allora sentii che era arrivato il momento anche per me e che dovevo cercare il modo per avere più stima di me, delle mie capacità. Il primo passo fu quello di guardarmi allo specchio, di presentarmi e raccontarmi chi sono, che cosa amo, cosa mi piace fare. Da quel momento sentii un impulso dentro e ripresi a lavorare il legno. A oggi, dopo tempo, provo immenso piacere nel silenzio del mio piccolo laboratorio, dove respiro l’essenza viva del legno e osservo le venature che la natura disegna. Sono felice perché creo piccole bomboniere, ognuna fatta con amore, e una parte del ricavato lo dono a coloro che il colore e le venature del legno non potranno vederli mai, solo toccarli. Mi sento serena, ho trovato la mia dimensione e credo nel mio piccolo di lasciare la mia impronta nel luogo a cui sento di appartenere di più: il presente!».
Il racconto di Bianca ci conforta e ci stimola, ma riflettiamo anche sull’insegnamento di san Francesco d’Assisi a fare non cose straordinarie, ma a vivere le cose ordinarie in modo straordinario. Vi saluto, cari lettori, e buona riflessione.

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