Anno 131 - Aprile 2019Scopri di più

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Quando il cielo ti viene a cercare

Roberto Filippetti

Il rospo è la fiaba di Christian Andersen posta a conclusione del suo volume Quaranta novelle, a mo’ di sigillo ideale

E' la storia di una Rospina che non si rassegna a passare la vita in fondo al pozzo, al sicuro, assieme ai suoi simili. E alla prima occasione salta nel secchio, viene trascinata su e – balzata fuori – si avventura in mezzo al verde, passando di scoperta in scoperta. Come L’uomo di neve, così Rospina si sorprende ad avere in cuore una grande nostalgia e uno struggente desiderio d’infinito. Come Il brutto anatroccolo, così anche lei ha un aspetto repellente – e lo avrà per sempre – quindi per contrasto appare ancor più vivida la sua sete di bellezza.

E ancora una volta – come nelle altre due fiabe – questa tensione inesausta, in cui consiste la statura dell’uomo vero, si scontra con un’umanità dimezzata e rattrappita: in fondo al pozzo è quella della vecchia mamma Rospo che invita a rimanere lì dove tutti si conoscono almeno in apparenza e ciascuno può aggiungere la propria opinione all’assordante gracidare; fuori dal pozzo è quella del bruco, per il quale «non c’è nulla di bello come il proprio podere».

Non è vero: è più bello salire sempre più su, sempre avanti, oltre i confini di una scienza naturalista che sa solo squarciare, sviscerare e sminuzzare. Umanissima è questa tensione metafisica, perché è evidente che «la sola natura non basta!». Quando il rospo si ferma a contemplare le stelle scintillanti, la luna e il sole, capisce che il suo cuore è fatto per quell’altezza: anche la terra è un pozzo, solo un po’ più grande. Non basta. Se soltanto la luna o meglio ancora il sole d’oro venisse giù come un grande secchio, potrebbe «raccoglierci tutti». Cosa posso fare io? Vigilare: «Bisogna che stia attenta, per non perdere la buona occasione di saltarci dentro». L’uomo può infatti andare “oltre” solo se è il cielo a venirlo a cercare nell’al di qua.

L’attrito tra l’urgere del cuore e la lontananza inarrivabile della meta genera un attimo di sospensione drammatica: «Debbo andare più su, nello splendore e nella gioia! Mi sento così piena di fiducia, e pure una strana paura mi coglie, una specie di angoscia... È una risoluzione difficile da prendere, e pure bisogna decidersi. Avanti, dunque, avanti diritta, per la strada maestra!». Urge rischiare, e lei lo fa.

E siamo al gran finale, con la scoperta della verità celata sotto la credenza popolare per la quale c’è un rospo che ha «un gioiello nel capo», una gemma che «fa arrabbiare gli altri». La gemma dimora proprio nella testa di Rospina e coincide con la struggente sete che abita nel suo cuore: «La gemma l’aveva proprio lei. La gemma era quello struggente desiderio, quell’eterna aspirazione a salire, a salire sempre più in alto. Brillava nel suo capo, splendeva nella sua gioia, raggiava vivida dalla sua nostalgia».

La fiaba ci regala un secondo aspetto della verità sull’uomo, particolarmente eloquente in questo periodo pasquale. Quando l’animaletto muore, la gemma preziosa – l’anima immortale – brilla scintillante, raccolta da un raggio di sole che la incorpora nel proprio splendore di gloria. E questo «è vero»: lo scienziato potrà coglierne gli indizi se oserà riflettere fino in fondo sugli esempi offerti in natura, e il poeta «te lo dirà in forma di fiaba» o meglio – traducendo alla lettera – «te lo dirà sotto il velo della fiaba».

Appare pertanto evidente l’intenzione profonda di Andersen: non offrire un sentimentale divertissement per anime belle, bensì celare sotto il velo della forma fiabesca la verità sul Fine ultimo dell’uomo: la gloria del cielo.

A conclusione delle Quaranta novelle Andersen si affaccia così sulla Meta ultima, che è l’eternità: «Ma la gemma nel capo del rospo? Cercala nel sole, e fa’ di vederla se ti riesce. Lo splendore là è troppo abbagliante. Gli occhi nostri non sono ancora capaci di penetrare in quella gloria creata da Dio, ma un giorno li avremo e sarà la fiaba più bella di tutte, perché ci saremo dentro anche noi». Saremo definitivamente a casa.