Anno 135 - Febbraio 2023

Presentazione al Tempio

Alfredo Pescante

basilica s antonio

Nella “Presentazione del Signore al tempio” il personaggio principale è Gesù Bambino, dai genitori offerto a Dio, poi la mamma sua Maria che viene dichiarata pura a quaranta giorni dal parto. Giuseppe partecipa quale papà, recando in dono al sacerdote officiante due tortore richieste dalla legge ebraica a un nucleo familiare indigente. Per la santa famiglia una cerimonia riservata a pochi intimi: dieci in tutto ne presenta Altichiero da Zevio nell’affresco (1384) in controfacciata dell’Oratorio di San Giorgio (adiacente alla Basilica del Santo) che avvince per lo spazio prospettico già rinascimentale, il respiro grandioso della scena, la maestosità delle figure, dice lo storico d’arte Flores D’Arcais.

Purtroppo l’aspetto materico dell’episodio sembra un po’ gessoso, ciò dovuto alla superficie priva di smalto, afferma il restauratore Gianluigi Colalucci. La scena centrale, la più ampia, vede Maria consegnare un riluttante Gesù, che è facile pensare abbia emesso i suoi gridolini, tra le braccia del vecchio e barbuto Simeone che esclama: «Ora lascia, Signore, che il tuo servo vada in pace... perché i miei occhi han visto la tua salvezza!». E alla mamma del Bimbo: «Anche a te una spada trafiggerà l’anima!». Solo dolore per la Santissima che d’ora in poi diverrà l’Addolorata! A sinistra Giuseppe, muto, gli occhi fissi al suo Gesù, ha vicino un’amica di Maria.

Sulla destra la profetessa Anna con un cartiglio in mano illustra il sacro momento a una famiglia di quattro persone, indicando “il Bambino a quanti aspettano la redenzione di Gerusalemme”. A noi la gioia d’ammirare l’impianto architettonico del sontuoso tempio gerosolimitano che rimanda alla Basilica antoniana, attualizzando così il mistero. Sbalordisce la ricchezza di bifore, trifore, archi acuti, logge, colonne, pilastri, marmi specchiati, cupole e guglie che palesano nell’artista la conoscenza di Venezia.

Molti gli interventi al ciclo pittorico da quando Ernst Forster (1837) lo rimise in luce, eliminandone la scialbatura (lo strato di calce). Tanto si è discusso sul nome dell’autore. Pietro Toesca nel 1951 ha messo tutti d’accordo riconoscendo Altichiero da Zevio (1330 circa - 1390), supportato da vari aiuti, artefice di questo capolavoro.

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