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Milazzo: terra incantata dove approdò Antonio

Filippo Lazzari

Veleggiando verso la Spagna, dopo l’insuccesso in Marocco dovuto a una grave malattia che lo colpì nell’inverno del 1220, una bufera spinse Antonio in questa terra dove rimase due mesi

Il Santo ha dimostrato particolare predilezione per la Sicilia, l’Isola del Sole. Veleggiando verso la Spagna, dopo l’insuccesso in Marocco dovuto a una grave malattia che lo colpì nell’inverno del 1220, i venti contrari lo spinsero nei lidi di questa terra dove rimase circa due mesi. Tradizioni lo presentano qui ospite anche quando, lasciando la Francia, tornò in Italia per partecipare al capitolo generale di Assisi del 1227. Scarne notizie del primo arrivo; del secondo, dicono gli studiosi, trattasi di pie tradizioni, orgogliosa la Sicilia di prolungare di Antonio il benefico soggiorno.

Fra Vergilio Gamboso, formidabile studioso di agiografia antoniana, afferma: «Dove abbia preso terra il veliero proveniente dal Marocco non consta. Le tradizioni locali non poggiano su fonti antiche e fidabili. Antonio allora era uno sconosciuto frate straniero, giovane, senza incarichi di governo, fisicamente stremato: non poteva lasciar tracce del suo passaggio. Parimenti non si può concludere che la nave finisse nei paraggi di Messina solo perché unica città insulare ricordata nel racconto». Tuttavia anche le tradizioni pretendono d’entrare nelle vicende di questo mondo! Per ciò, più che a Messina, è caro pensare d’un antoniano approdo al promontorio di Milazzo, ove perfino gli scogli hanno un loro nome, a una città dal glorioso passato di quattro millenni di storia, arte, cultura, abitata dai Greci, dominata da Musulmani, Spagnoli, Saraceni, Borboni, terra “dove pascevansi i bovi del sole”, a detta di Apollonio Rodio (295 a.C.-215 a.C.) e dove il clima è salutare per riacquisire le forze perdute.

Allora, ragione agli ospitali milazzesi che vantano uno fra i più antichi ricordi di Antonio sul siciliano suolo, ricco di memorie sacre, nostra identità cristiana!

La grotta ove il Santo fu ospite

Alcuni sacerdoti della diocesi di Milazzo, il vicario episcopale mons. Francesco Farsaci e il rogazionista padre Mario Magro, presidente dei santuari d’Italia, mi son stati prodighi di notizie sulla devozione verso il Santo fortemente vissuta nelle parrocchie isolane. Spiace sia venuto a mancare, alcuni mesi fa, l’arciprete mons. Gaetano Modesto, storico e rettore del piccolo Santuario antoniano di Capo Milazzo di cui ha curato il restauro, lasciandoci scritti e frutti dell’indefesso suo zelo nel far crescere la genuina devozione antoniana.

Il santuario, scrive Gianni Giuffrè, sorge a mezza costa di Capo Milazzo, che s’estende per sei chilometri nel Tirreno, in uno dei luoghi più incantevoli della Sicilia, ove lo sguardo vaga dai Peloritani ai Nebrodi, dal golfo di Milazzo a quello di Patti, passando per l’arcipelago delle Eolie, dominato dalla vicina Vulcano, da Lipari e Panarea. Mi guida Alessandro Trimboli che frequenta e conosce bene la vita del rupestre sacro luogo: quel che manca alle guide è egli a colmarlo. Due le tradizioni circa la grotta in cui avrebbe abitato sant’Antonio. Francesco Perdichizzi (1692) dice che, mentr’era occupata da un eremita, vi dimorò Antonio per poche ore e, collocato dagli abitanti un quadro con la sua immagine, mutarono la grotta in cappella. Francesco Napoli (1642) sostiene fosse un rifugio per pescatori e che un eremita, intorno al 1500, la ingrandì arricchendola d’un quadro del Santo rubato poi dai corsari che presto lo restituirono perché i vascelli da lì salpavano sempre col vento contrario. Poco dopo la famiglia messinese Guerrera fece più grande e bella la struttura religiosa, dotandola di marmi e di due altari, dedicati alla Madre di Dio e al Taumaturgo. Durante i bombardamenti del 1943 fu danneggiata la lunga scalinata che porta al santuario, ma i fedeli non furono nemmeno sfiorati. Nel tempo la Sovrintendenza e i fedeli curarono questo tempio ora ricco d’una antoniana statua lignea del 1704, di settecenteschi bassorilievi con i miracoli del Santo, della pala della Madonna della Provvidenza e, al piano superiore, di locali per i volontari e per conservare la vara (carro trionfale) della statua.

Devozione e festa

Il patrono di Milazzo è l’armeno san Papino (IV secolo) e grande memoria i cittadini fan di san Francesco da Paola, che vi abitò e di cui esiste un santuario col convento dei Minimi. «La devozione a sant’Antonio – dice monsignor Farsaci – molto sentita una volta, è un po’ diminuita, ma i luoghi sacri che ne custodiscono una statua vedono sempre fedeli a pregare, accendere lumini e far la tredicina. Solenne è il ricordo nella notte fra il 12 e 13 giugno, quando una fiumana di fedeli parte da piazza Castello e arriva al santuario ove partecipa alla Messa, celebrazione ripetuta più volte assieme al bacio della reliquia. Nella chiesetta, richiesta per i matrimoni, si celebra una Messa la domenica. Gli sposi vorrebbero la cerimonia all’aperto ma, rispettosi della tradizione, devono pregare ove fu sant’Antonio!».

Un gruppo caratteristico anima la processione: gli m’buttaturi che portano a spalla su una vara la statua antoniana dalla zona del Castello fin dove s’arrocca il santuario. Il servizio chiede forza, impegno, saper soffrire perché si sale per una ripida scalinata e strettoie. Pino Di Flavia dice: «Il gruppo, composto da 150 “ragazzi”, non ha paura nemmeno del forte caldo di quel periodo perché amiamo eternare le processioni milazzesi, momento importante di fede e devozione. Si parte, preceduti dalla banda, alle ore 20 e, dopo aver depositato per ore la statua di sant’Antonio nel santuario perché i fedeli lo venerino, si torna il pomeriggio seguente».

Altri luoghi di culto ad Antonio sono la chiesa di San Papino, officiata dai minori che onorano un simulacro del Santo col cappuccio a punta, mentre in quella di Santa Caterina il Taumaturgo porta l’abito dei conventuali, a cappuccio rotondo.


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