Anno 130 - Dicembre 2018

Lo sguardo della Madre

Paola Curzu

Avvolta in un manto argentato, Maria osserva adorante il Bimbo

Il 17 marzo di quest’anno, dopo 9 anni di chiusura dovuti alle alterne vicende dei cantieri sospesi per mancanza di fondi, la Pinacoteca Tosio Martinengo a Brescia ha finalmente riaperto i battenti ai visitatori in un rinnovato e ritrovato splendore grazie a un attento lavoro di restauro. La prima pinacoteca venne aperta nel 1851 a Palazzo Tosio con le collezioni artistiche donate in lascito dal conte Paolo. Nel 1894 il conte Leopardo Martinengo da Barco donò al Comune la propria biblioteca, le proprie collezioni scientifiche e d’arte e il suo palazzo nel quale nel 1908 le due pinacoteche si fusero nella Tosio Martinengo.

Fulcro di questo piccolo, ma ricchissimo museo sono le opere del Rinascimento bresciano create da grandi artisti, come Giovanni Gerolamo Savoldo, Vincenzo Foppa, Alessandro Moretto e Girolamo Romanino.

In occasione delle festività natalizie, attraversando le luminose e colorate stanze della Pinacoteca, ci soffermiamo ad ammirare un’opera di quest’ultimo artista: la Natività.

Girolamo Romani detto il Romanino nacque a Brescia tra il 1484 e il 1487 (morì intorno al 1560) e si formò tra la sua città natale e Venezia: qui ebbe modo di ammirare le opere di Giorgione e di Tiziano, il cui colorismo influenzò profondamente il suo linguaggio pittorico che maturò poi in forma originale, ispirata al naturalismo lombardo e alle stampe nordiche.

La grande tela che contempliamo, opera della piena maturità dell’artista, venne dipinta intorno al 1545 su committenza dei frati minori francescani che nei primi decenni del Cinquecento eressero a Brescia la chiesa di San Giuseppe. Il dipinto era destinato ad abbellire la cappella laterale dedicata all’Immacolata Concezione, tema che influenzò profondamente il pittore nelle scelte compositive e cromatiche.

Al centro del dipinto splende la figura della Vergine avvolta in un ampio mantello cangiante bianco-argentato bordato d’oro, fulcro della composizione e simbolo della sua purezza. Maria volge il bel volto, incorniciato da un velo sottile, verso il basso per adorare il divino Bambino adagiato su un lembo del suo manto.

A sinistra, avvolta in panneggi giallo-ocra, si staglia la figura san Giuseppe che con la mano destra mostra Gesù ai due pastori dipinti dietro di lui, verso i quali volge lo sguardo e il capo rendendoci partecipi del loro dialogo.

Sull’arco sopra i pastori, forse ritratti di due frati minori, è appollaiata una civetta, uccello notturno simbolo di Gesù che ha attraversato il buio della morte per vincerla e per salvare l’umanità.

La luce calda e dorata del tramonto illumina dolcemente la penombra dello sfondo dal quale emergono architetture antiche, tracciate con rapide e sottili pennellate chiare tra le quali spicca un edificio in costruzione, forse la Loggia di Brescia.

La composizione è coronata da tre paffuti angioletti che volteggiano con grazia in cielo tenendo in mano un cartiglio con note musicali.

In occasione del Santo Natale, preludio della Pasqua, uniamoci al loro festoso canto ricordando queste parole del grande teologo Urs von Balthasar (1905-1988): «Gli angeli circondano l’intera vita di Cristo, collocandosi alle due estreme frontiere: appaiono sul presepe come splendore della discesa di Dio in mezzo a noi; riappaiono nell’ascensione come splendore della nostra ascesa a Dio »

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