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Imperfezione dell’amore

mons. Giampaolo Dianin, vescovo

Solo alla fine del cammino, guardando indietro, sarà possibile riconoscere, colmi di gratitudine e di stupore, che nonostante  il nostro amore imperfetto, Dio ha costruito un’opera d’arte

Uno degli aspetti più belli di Amoris laetitia è la sua concretezza nell’accostarsi all’amore e alla vita degli sposi. Il Papa non si lascia prendere da visioni idealizzate in cui cade spesso chi l’amore l’ha conosciuto solo dai libri o dai romanzetti rosa. Il primo capitolo, per esempio, racconta le coppie e le fami-glie ferite che abitano la Scrittura: «La Bibbia è popolata da famiglie, da generazioni, da storie di amore e di crisi familiare fin dalla prima pagina» (AL 8). E poi la scelta di parlare dell’amore riferendosi alla concretezza dell’inno alla carità di Paolo piuttosto che alle intense e appassionate pagine del Cantico dei Cantici. E, infine, il capitolo dedicato ai legami spezzati e bisognosi di essere riletti dentro il grande fiume della misericordia di Dio.

Per Francesco la famiglia è “quello che è”, con quel sobrio realismo che provoca la Chiesa a una costante conversione pastorale che la porta a preferire lo stile del buon samaritano piuttosto che la strada dei grandi proclami. La famiglia, afferma il Papa, non è un ideale astratto, ma un “compito artigianale” (AL 16), quasi a ricordare ai giovani che non servono “lauree in matrimonio” per sposarsi, ma che ci si mette in cammino, giorno dopo giorno, sbagliando e ricominciando. Solo alla fine, guardando indietro, è possibile riconoscere, colmi di stupore, che nonostante il nostro amore imperfetto, Dio ha costruito un’opera d’arte.

Ai giovani il Papa fa una precisa raccomandazione che troviamo al n. 135: «Non fanno bene alcune fantasie sull’amore idilliaco e perfetto, privato in tal modo di ogni stimolo a crescere. Un’idea celestiale dell’amore terreno dimentica che il meglio è quello che non è stato ancora raggiunto».

Fa bene sentire queste parole in un contesto che descrive l’amore o con toni esageratamente romantici e irreali oppure, all’estremo opposto, ne evidenza i drammi e i continui fallimenti. Sono soprattutto i mezzi di comunicazione sociale che regalano molti inganni sull’amore. Le chiamavamo famiglie del “mulino bianco” per ricordare certe pubblicità dove lui e lei erano giovani, bellissimi e sempre sorridenti e i bambini tutti biondi e con gli occhi azzurri. La realtà, lo sappiamo bene, non è questa. Esiste la giovinezza che però passa in un attimo; esiste la gioia, ma anche la malattia: esistono figli belli ma anche difficili e problematici. «Nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia»: le parole della promessa racchiudono in queste polarità la vita reale ricordando che l’amore si riconosce soprattutto quando attraversa tempeste impegnative o quando mostra la sua bellezza anche con le rughe che gli anni regalano a tutti. All’estremo opposto c’è chi ha una visione drammatica del matrimonio e della famiglia e così oggi grande evidenza hanno la violenza, il femminicidio, i divorzi. Tra questi due estremi sta la realtà nella sua bellezza e drammaticità, che poi è la realtà della vita e della storia di fronte alla quale il matrimonio non è preservato, ma messo costantemente alla prova.

L’imperfezione dell’amore stimola anche la Chiesa a stare con i piedi per terra quando parla del matrimonio. Su questo è molto provocante il Papa: «Non si deve gettare sopra due persone limitate il tremendo peso di dover riprodurre in maniera perfetta l’unione che esiste tra Cristo e la sua Chiesa, perché il matrimonio, come segno, implica un processo dinamico che avanza gradualmente con la progressiva integrazione dei doni di Dio» (AL 122). È un rischio reale quello che si corre parlando del matrimonio con affermazioni molto altisonanti, con teologie elaborate e alte di fronte alle quali gli sposi si sentono sempre inadeguati e piccoli. Non si tratta di calare un ideale dall’alto, ma di aprire un percorso di crescita. Ci aiuta in questo l’ultima Esortazione apostolica Gaudete et exsultate con la simpatica e provocante immagine della “classe media della santità” (n. 7). Un amore imperfetto e fragile è quello che noi siamo capaci di vivere su questa terra, lo stesso vale per il perdono, la giustizia, la sincerità, la mitezza.

Nel paragrafo conclusivo il Papa afferma: «Nessuna famiglia è una realtà perfetta e confezionata una volta per sempre, ma richiede un graduale sviluppo della propria capacità di amare [...]. Tutti siamo chiamati a tenere viva la tensione verso qualcosa che va oltre noi stessi e i nostri limiti, e ogni famiglia deve vivere in questo stimolo costante. Camminiamo, famiglie, continuiamo a camminare! [...]. Non perdiamo la speranza a causa dei nostri limiti, ma neppure rinunciamo a cercare la pienezza di amore e di comunione che ci è stata promessa» (AL 325).