Anno 131 - Giugno 2019

Il Credo... con i biscotti

Elide Siviero

Dobbiamo stare attenti a non confondere la fede con qualcosa di vagamente spirituale. Se nella Liturgia il centro è Dio che ha fiducia in noi, allora lo sarà anche nella nostra vita.

Ho scoperto che negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, ma anche in Irlanda e in Australia, si stanno diffondendo dei gruppi che si chiamano “Nones” da none of the above, ossia “nessuno dei sopracitati”, dove i sopracitati sono i classici gruppi religiosi, qualsiasi essi siano e a qualsiasi credo appartengano. Sono gruppi che non si riconoscono in nessuna religione, ma avvertono un forte bisogno di spiritualità. Le comunità già attive sarebbero ventotto. Ma le adesioni sono così massicce che in pochi mesi si prevede supereranno il centinaio.

La cosa che stupisce e inquieta è che la maggior parte degli aderenti proviene da comunità cristiane: Gesù Cristo a loro non basta più, non dice più nulla. Ma non possono vivere senza una dimensione pseudo sacrale, e così frequentano riunioni che offrono un servizio religioso ateo. Tempo fa un aderente scrisse sul New Scientist: «In una domenica mattina londinese insolitamente calda, faccio una cosa che non facevo da trent’anni: mi alzo e vado in chiesa. Per un’ora e mezza canto, ascolto letture, mi godo momenti di tranquilla contemplazione e getto qualche moneta nel cestino delle offerte.

Alla fine c’è il tè con i biscotti, e una sensazione di calore in quella che immagino sia la mia anima. In centinaia di luoghi in tutta la città, nello stesso momento, sta succedendo la stessa cosa. Con una sola differenza: qui non c’è nessun dio. Benvenuti all’assemblea domenicale della “congregazione laica”, che si svolge ogni due settimane alla Conway hall». I Nones propongono quindi un ritrovo dove al centro non c’è Dio, ma la ricerca del proprio benessere: una seduta di rilassamento, un conforto per la psiche, un momento conviviale. Si celebra la propria vita insieme agli altri (non si può celebrare nulla da soli, nemmeno in un mondo ateo) e la meta è la propria consolazione: Dio è confinato in un bisogno indistinto di spiritualità, di qualcosa di vagamente interiore e raccolto.

È l’affermazione soddisfatta che Dio è indifferente per la realizzazione dell’uomo. I Nones non mostrano nemmeno nessun accanimento nei confronti della religione: per loro è irrilevante. Sono apatici rispetto alla fede. Certo, l’indifferenza per la fede è molto diffusa e spesso viene vissuta in maniera privata, chiusa nel proprio mondo. I Nones, invece, si ritrovano e in una parodia della Liturgia costruiscono la loro nuova identità, la loro nuova domenica. Quando ho letto queste cose ho avuto un sussulto di preoccupazione: mi sono chiesta se anche le nostre celebrazioni, a volte, non rischino di essere delle Liturgie atee in cui Dio è assente.

Dei Riti vuoti in cui il centro è dato dal breve benessere che si prova con un canto emotivamente accattivante; dalla commozione per i bambini che fanno qualcosa di speciale; dalla preoccupazione di imparare qualcosa dall’omelia per “portare a casa un buon pensiero per la vita”; dal conforto di ritrovarsi con gli amici della “nostra comunità” spesso chiusa alle altre comunità e così via, in un fraintendimento di intenti che confonde la Liturgia con il nostro benessere, con un happening vagamente cristiano ed emotivo, quando addirittura non divenga un’esibizione di vari talenti, dal canto all’oratoria, che però non ha nulla di Gesù Cristo.

Se invece ci ricordiamo che il protagonista assoluto delle nostre celebrazioni liturgiche è Gesù Cristo, allora potremo scoprirci come la comunità dei salvati che attorno all’Agnello, immolato e risorto, celebra sempre la sua Pasqua. E non sarà più importante concentrarci sulle nostre emozioni, ma solo su di Lui che irrompe in mezzo ai suoi con la forza della sua vittoria sulla morte. Se nella Liturgia il centro è Lui che ha fiducia in noi, lo sarà anche nella nostra vita, per non confondere la nostra fede con qualcosa di vagamente spirituale, non così lontano dai Nones.

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