Anno 137 - Maggio 2025Scopri di più
A proposito di carità
Fratel MichaelDavide Semeraro

Durante il periodo di Quaresima non è mancato, da più parti, l’invito a compiere gesti di elemosina. Accanto alla preghiera e al digiuno, l’elemosina rappresenta infatti per il cristiano il terzo pilastro in preparazione alla Pasqua. Ma questo significa che il cristiano deve sempre praticarla: anche quando a chiedere aiuto è semplicemente una persona che non ha voglia di fare niente? E come va fatta la “carità”?
F.R. (Rieti)
La carità va fatta con amore e con intelligenza. Anche una parola di esortazione a impegnarsi nella vita per poter uscire da uno stato di indigenza è una forma di carità. In ogni modo l’elemosina è un gesto di fiducia nel prossimo anche quando non ne comprendiamo le ragioni e avremmo qualche perplessità sulla sua storia e sul suo modo di vivere. Chi tende la mano in tanti modi per chiedere aiuto va prima di tutto accolto e rispettato perché ogni persona, specialmente quando è indigente, porta una storia di sofferenza che esige attenzione. A ciascuno poi riviene il compito di scegliere come “fare la carità” senza dimenticare che una parola gentile e uno sguardo amorevole anche quando non si dà nulla di concreto sono una forma di carità. La prima e fondamentale carità è il rispetto assoluto della dignità di ogni persona anche quando non ne comprendiamo i percorsi o non ne approviamo le scelte e i modi di vita.