Di generazione in generazione

ringraziamento per grazia ricevuta

Testimonianze di devozione a sant'Antonio

Sono nata il 13 giugno e sono sempre stata devota a Sant’Antonio sin da bambina. Per quasi 20 anni sono andata ad Abano, distante una decina di chilometri da Padova, per le cure alle Terme e passavo la domenica alla Basilica del Santo. Qualche anno fa sono andata anche per la festività di Pasqua e ho seguito i riti pasquali nella Basilica con molta devozione. Mio padre è sempre stato devoto a Sant’Antonio e aveva una statuetta in camera vicino al suo letto e teneva una immagine nel portafoglio. A noi figli aveva regalato una piccola statuetta di metallo in un piccolo astuccio, che abbiamo portato sempre con noi, ancora oggi. Un ricordo che ho sempre nel cuore: mio padre è mancato proprio il 13 Giugno!

Da quando siamo limitati negli spostamenti per il Covid, alle ore 18 mi collego con il mio PC e seguo la S. Messa dalla Basilica del Santo. Questa è la mia piccola storia e la devozione a Sant’Antonio.

Angela D’Ulisse, Trecate (NO)

Sono legato al caro Sant’Antonio perché siamo devoti di famiglia: morta mia zia ho ben raccolto io la sua devozione verso questo sant’uomo.

Mauro Costa, Valbrenta (VI)

Cara Associazione di Sant’Antonio, la devozione al Santo comincia innanzitutto per il fatto che avevo il mio papà che si chiamava Antonino. Negli anni ’90 ci portò anche a Padova per conoscere la Basilica e pregare davanti al Santo. Poi nel 2017, dopo tanti impedimenti, mi sono finalmente laureata con l’aiuto anche del mio papà per il suo forte desiderio e la coincidenza più sbalorditiva è stato il fatto che il mio ultimo esame lo diedi il 13 giugno 2016 e la sede per la discussione della tesi è stata in un ex convento di Sant’Antonino a Palermo divenuto Centro Linguistico Accademico. Ora spero che il Santo mi aiuti a trovare un buon lavoro, che mi aiuti per il mio domani e protegga me e la mia mamma. Un caro saluto a voi.

Laura Ales, figlia di Maria Polizzotto, Piana Degli Albanesi (PA)

Gentile Associazione Universale di Sant’Antonio.

La mia devozione a Sant’Antonio è molto semplice perché mia madre si chiamava Antonia (nata nel 1920 deceduta nel 2000). Una menzione particolare la devo fare a Sant’Antonio Abate che mi sembra si ricordi il 17 gennaio, protettore degli animali. Dalle stalle di mio nonno, noi di origine contadina, ho conservato un quadretto con Sant’Antonio circondato dagli animali domestici. Quel giorno c’è la tradizione di benedire il sale. Anche adesso, che non sono più un agricoltore a tempo pieno, certi ricordi rimangono impressi per tutta la vita.

Luigi Francescon, Visome (BL)

Caro Sant’Antonio, sono stata affidata a te, con la mia sorella gemella, quando avevo sei mesi... e ora ho 62 anni. Mia mamma era molto devota al Santo e l’ha trasmessa a noi. Ringrazio sempre per quello che la vita ci da.

Amelia Rizzi Pace, Castellana Grotte (BA)

Mi chiamo Antonio e già in età giovanile ero abbonato alla rivista. Spesso mi recavo presso il Convento di Sant’Antonio sito nella parte alta del mio paese, Polla in provincia di Salerno, e mio nonno mi portava sempre il pane benedetto, recitando insieme il Padre nostro. La presenza dei frati minori e le attività ricreative e di formazione religiosa presso il Convento, ove ho ricevuto la prima comunione, hanno contribuito a farmi conoscere il Santo e la sua missione. Pace e bene.

Antonio Fiorella, Polla (SA)

I miei genitori erano molto devoti a Sant’Antonio che li ha protetti e molto amati specialmente nei momenti più terribili dell’ultima guerra mondiale. Mio padre era del 1895 e la mamma del 1900, sono mancati anziani e dopo la loro morte ho sentito il desiderio di proseguire nel loro cammino.

Edda Cerantola Sandri, Rosà (VI)

È un legame che continua da tempo. Da sempre infatti la mia famiglia è devota al Santo: prima la mia nonna, che è mancata nel 1978, poi con devozione è andata avanti la mia mamma, fino alla sua morte nel settembre 2020. La mamma viveva in un paesino di montagna con la nonna, mio padre invece ci ha lasciato per vivere un’altra vita quando io ero in tenera età. Mia mamma era una guerriera, pregava sempre il Santo di aiutarla. Adesso che mia mamma ci ha lasciato è rimasto un grande vuoto ma io ho la devozione verso il Santo e finché potrò andrò avanti io con amore, pregandolo per tutta la mia famiglia.

Mariella Bertoldi, Riva del Garda (TN)

Ricevo la rivista “Il Santo dei Miracoli” dal 1960 e in precedenza la riceveva la mia cara nonna, non ricordo da quando. Nonna era devota a Sant’Antonio e tutte le sere ci faceva pregare prima di andare a letto a dormire. In famiglia eravamo in sette: babbo, mamma, quattro figli e la nonna. In tempo di guerra abitavamo nell’Alto Mugello (Linea Gotica) e passammo dei momenti davvero difficili: non ci rimase niente delle nostre cose; ci rimase solo quello che avevamo addosso. Però con l’intercessione di Sant’Antonio e l’aiuto di nostro Signore riuscimmo piano piano a rifarci una vita e a vivere decentemente. Quando la nonna venne a mancare nell’anno 1960, volli continuare io a ricevere la rivista antoniana. La nonna mi aveva detto, prima di morire, di continuare a mantenere il legame con il Santo e di pregarlo, ed è quello che modestamente faccio ancora oggi finché Dio lo vorrà.

Roberto Orlandi, Montemurlo (PO)

La mia devozione a Sant’Antonio mi è stata insegnata dalla mia mamma e ora continuo io. Ho avuto tre figli e ora ho 5 nipotini di 8-7-6-4 anni e uno di 8 mesi che è stato battezzato il 16 maggio! Sono tre belle famiglie e tutti sani. Spero con l’aiuto di Dio e di Sant’Antonio di continuare sempre così. Io sono stata operata nel dicembre 2020 per un tumore, ma mi è stato riferito dai medici che è stato operato per fortuna agli inizi e dovrò seguire comunque le cure che mi prescrivono. La ringrazio per avermi ascoltato e spero, ma ne sono certa, continuerà a seguirci con la preghiera. Saluti e buona continuazione di tutte le opere buone che continuate a fare.

Bianchi Ida, Guastalla (RE)

“E tu perché lo invochi?”… ebbene la mia devozione a Sant’Antonio la devo a mia madre, fedele devota e abbonata da anni; purtroppo lei è mancata sei anni fa (e sento tuttora la sua mancanza): da quel giorno ho pregato e affidato al Santo lei e mio padre, anche con la messa perpetua per le loro anime. Questo mi fa sentire ancora vicina a loro e li penso sereni vicini al Santo. Invoco il Santo anche per la mia famiglia chiedendo di rafforzare la nostra fede e sostenerci nei momenti difficili, certa che lui ascolta e ci benedice.

Mari, Milano

Da qualche tempo mia madre, Paola, una splendida signora di 94 anni, assidua lettrice della vostra rivista, mi dice che avrebbe il desiderio di raccontare il quasi centenario rapporto che lega la sua famiglia alla vostra Associazione ed oggi io mi accingo a farlo a suo nome.

La storia inizia durante la prima guerra mondiale, nell’inverno del 1917, con suo padre Gaetano, soldato e già padre di tre figli. Gaetano, si trovava in una trincea lungo le montagne della Valsugana (nel Trentino), durante un attacco nemico venne seriamente ferito agli occhi con i gas e quasi cieco venne congedato. Si accinse così a tornare alla sua famiglia a Coltamai, villaggio situato nel Comune di Gosaldo. Il viaggio a piedi divenne un calvario perché con il riverbero del sole sulla neve non riusciva a vedere dove stava andando… Gaetano, che era devoto a Sant’Antonio, il Santo dei Miracoli, si rivolse fiducioso a Lui pregando che lo facesse tornare a casa incolume e che lo aiutasse a riacquistare la vista… come avrebbe altrimenti fatto a mantenere la sua famiglia? Il Santo lo aiutò, Gaetano tornò a casa, recuperò in parte la vista, ma ha dovuto curarsi per anni, tanto che mia madre nata nel 1927, si ricorda che usava ungersi gli occhi con un unguento contenuto in un vasetto di porcellana bianca. Nel 1918 nacque Giovanni, un bimbo che da subito si rivelò molto vivace… Passarono gli anni e nel frattempo in Italia si era instaurato il regime fascista, che nei suoi piani economici prevedeva incentivi per chi bonificava terreni per sfruttarli a scopo agricolo; per questo motivo, nel 1930, Gaetano ebbe il permesso di utilizzare esplosivo per frantumare i massi e creare terrazzamenti con muretti a secco. Giovanni, che allora aveva 12 anni, trovò l’esplosivo, anche se ben nascosto e, senza farsi scovare, ne prese un poco e provò a farlo detonare: lo scoppio lo ferì al viso e solo per un caso non rimase cieco. A quel punto Gaetano e la moglie Orsola, convinti che ancora una volta Sant’Antonio avesse protetto la loro famiglia, decisero di iscrivere Giovanni all’Associazione. Giovanni crebbe e nel 1938 venne il momento di fare il servizio militare. Vista la sua indole coraggiosa divenne paracadutista e allo scoppio della seconda guerra mondiale fu arruolato nella Folgore. Non fece più ritorno in famiglia, scrisse sue notizie fino al 1941, poi più nulla… Alla fine della guerra, sua sorella Elda, che nel frattempo si era sposata e viveva a Chiasso, fece pubblicare su un giornale, a Como, un appello per avere sue notizie. Finalmente dopo 6 anni un suo commilitone e il suo capitano fecero sapere ai genitori che Giovanni era morto nel deserto della Sirte nel corso di un combattimento. La mamma Orsola, che aveva trascorso anni di angoscia chiedendosi quale fosse stata la sua sorte, volle ancora ringraziare Sant’Antonio che le aveva concesso di sapere che suo figlio era morto senza nemmeno accorgersi; non volle interrompere lo speciale rapporto con il Santo e si iscrisse essa stessa all’Associazione. Passò il tempo, mia madre si sposò con un compaesano nel 1958 a Zurigo dove lavorava; a dicembre di quell’anno tornò a casa e vi rimase per poter aiutare i suoi genitori che, diventati anziani, non potevano più lavorare la terra; nel 1959 nacque mia sorella e nel 1964 nacqui io, dopo una gravidanza difficile, durante la quale mia madre ancora una volta si affidò al Santo dei Miracoli. Nell’ottobre del 1965 mio padre morì a Zurigo, in seguito a un incidente sul lavoro; nel gennaio del 1966 morì nonno Gaetano e a novembre 1966 ci fu un’alluvione che devastò il nostro territorio e che costrinse a far evacuare bambini e anziani per mesi. Nel giugno 1967 finalmente ci riunimmo tutti: mamma, sorella, io e nonna Orsola, che visse con noi fino alla sua morte. Io in quegli anni mostrai la stessa indole vivace che aveva avuto lo zio Giovanni, facendo più volte stare in pena la mamma e la nonna per le mie marachelle.

Così alla morte della nonna, nel settembre 1968, la mamma volle continuare con la tradizione di famiglia e mi iscrisse all’Associazione, affidando questa volta me alla protezione del Santo. Da allora, la rivista ci ha accompagnato fino ad oggi diventando una presenza familiare gradita. In questa occasione, la mia famiglia e io, desideriamo esprimere un sincero ringraziamento e profonda gratitudine per la quotidiana opera di sostegno materiale e spirituale alle persone fragili e bisognose che ogni giorno bussano alla porta del Santo di Padova. L’amore per il prossimo, per il fratello in difficoltà trova efficacia nelle opere concrete che la vostra Associazione offre con ammirevole impegno, nel nome di Antonio, il Santo dei poveri.

Maurizio Ren, Belluno

La nostra devozione al Santo ha circa 65 anni: nella mia famiglia sentivo spesso la mamma invocare Sant’Antonio. Io ho cominciato a leggere la rivista quando sono andato in pensione e prima la leggeva sempre il babbo. La vita non è stata tanto facile, mi sono avvicinato spesso invocando Sant’Antonio. Poi penso che nella vita ho conosciuto tanti Antonio e con tutti ho avuto dei buoni rapporti di amicizia. Tutto qua.

Vinicio Pestelli, Montespertoli (FI)

La mia devozione al Santo è iniziata dalla nascita. Mia nonna dell’800 teneva sul cassettone la statua di Sant’Antonio sotto una campana di vetro e penso sia stata lei una delle prime persone di campagna a ricevere il mensile, che poi si preoccupava di diffondere. Di conseguenza mia madre mi ha cresciuta e affidata al Santo e anche lei ha sempre ricevuto il giornalino che diffondeva alla amiche. Mia madre mi ha lasciato diversi ricordini che riceveva da voi, tra questi un libriccino del ‘55 che conservo con amore. Quando nella mia vita entrò quello che poi è divenuto mio marito, anche per lui è parso naturale pregare e affidarsi al Santo. Così da mia nonna Ida il testimone è passato a mamma Evelina e quindi a me Rosanna. Ora è mio marito che si interessa di inviare le offerte a nome mio. La nostra vita è stata serena, sempre fiduciosa della protezione del Santo e siamo certi che il suo intervento non è mai mancato quando ce n’è stato bisogno. Il prossimo Novembre festeggeremo 60 anni di matrimonio dopo 8 anni di fidanzamento e ringraziamo il Signore per averci fatto trascorrere tutto questo tempo in salute e fatto crescere la famiglia unita e rispettosa. Sono certa che il Santo continuerà a proteggerci.

Tognoni Rosanna Landi, Pisa

Il Santo dei miracoli è di casa per me. È stata la mamma, appena nata, a mettermi sotto la sua protezione. Ricordo la mia fotografia di neonata (oggi ho 92 anni) sulla pagina dedicata ai bambini e la preghiera che tutte le sere io e la mamma recitavamo: «Sant’Antonio, che hai protetto sempre i fanciulli, proteggi anche me. Ti offro questo mio cuore: fa’ che sia puro di ogni macchia e colpa e arda sempre per amore di Gesù, mio Salvatore. Per intercessione di Maria Santissima, nostra madre, benedici la mia famiglia e tutta l’infanzia. Così sia». Ho avuto la fortuna di entrare in Basilica diverse volte: è un luogo santo, ti senti un’altra persona, respiri aria di santità e pace. Cordiali saluti.

B., Villata (VC)

Mi chiamo Maria Cristofori e la mia adesione risale a molti anni fa trasmessa da mia madre che purtroppo sono 40 anni che non c’è più. Leggo molto volentieri “Il Santo dei Miracoli” perché mi aiuta e ci sono tanti articoli interessanti.

Maria Cristofori, Trento

Mi chiamo Rita e, pur essendo devota alla Santa di cui porto il nome, il Santo che più prego e invoco è Sant’Antonio: sono innumerevoli i motivi per cui devo dire grazie a Lui. Grazie per tutte le volte che è intervenuto presso il Signore per motivi di salute, grazie per avermi protetto nei miei tanti anni di lavoro, grazie per aver sorretto la mia famiglia nei vari bisogni, grazie per quando è intervenuto negli esami universitari di mia nipote laureatasi poi brillantemente, grazie per avermi fatto ritrovare oggetti smarriti. A Sant’Antonio sono devota da sempre. Devozione trasmessami dai miei genitori e dai nonni. La mamma mi raccontava che col nonno è scesa a piedi in pellegrinaggio al Santo da Cima Grappa. Col passar degli anni ha tramandato a noi figli l’abitudine di andare al Santo in treno. Ora io e mia sorella da qualche anno veniamo col pellegrinaggio della diocesi di Belluno-Feltre in occasione della Tredicina a Sant’Antonio.

Rita Dal Zotto, Feltre (BL)

Sono Giuseppe Di Giovanna, ultraottantenne, maestro di scuola elementare, emerito. Sin da quando ero piccolo, nella mia famiglia “Il Santo dei Miracoli” è sempre stato un giornale presente e prezioso, ricco di tesori di saggezza cristiana.

Mia madre, Francesca Artale, è stata abbonata per 96 anni consecutivi al giornale: mia nonna, Giuseppa Saladino, la mise sotto la protezione di Sant’Antonio quando aveva 10 anni, iscrivendola all’Associazione Universale. Credo che sia un raro primato nell’ambito della tradizione del culto antoniano. Ora la mamma è deceduta alla veneranda età di 106 anni nel suo paesello di Santa Margherita Belice, devastato dal terremoto nel 1968, ma il legame con la rivista è rimasto costante.

Più di un secolo di vita vissuta intensamente all’insegna della semplicità, dell’onestà, della laboriosità e della religiosità. Nel lungo arco di tempo che il Signore le ha concesso di vivere, ha assistito ai più grandi cambiamenti della storia umana: era nata quando ancora vi era la candela a olio, e quindi con quella eredità di immobilismo che durava da secoli e nel corso della sua vita ha visto il succedersi di tutti i progressi della scienza, dall’energia elettrica alla radio, al telefono, alla televisione, alla conquista della luna. Si sposò nel 1938, poi conobbe i disagi della Seconda Guerra Mondiale; finita la guerra, il 2 giugno 1946 andò per la prima volta a votare per il referendum per la scelta tra Monarchia e Repubblica: «La storia siamo noi». Io ragazzino ero con lei. Nel 1968 il terremoto portò altre sofferenze e rovine e dovette abbandonare la casa che era il luogo a lei più caro, il giardino delle delizie. Ma qual è il segreto della sua longevità? Una alimentazione frugale, il lavoro di sarta portato avanti negli anni con passione e con gioia e infine la preghiera che era il suo pane quotidiano.“Pregare allunga la vita”: l’esperienza di nonna Francesca conferma la veridicità del detto. Quando faceva la sarta, nei lunghi pomeriggi estivi, la giornata lavorativa si concludeva sempre con la recita del Santo Rosario, fuori, all’aperto, assieme alle ragazze che frequentavano la sartoria da apprendiste, mentre nel giardinetto si effondeva il delizioso profumo dei gelsomini e delle rose, coltivati con amore e con passione. Ma al di sopra dell’amore per le piante e per il lavoro, c’era in mamma Francesca l’amore e il rispetto per il prossimo. Il suo carattere docile e mite le consentiva di essere in pace con tutti e da tutti riceveva affetto, stima e benevolenza. Era risparmiosa e generosa al tempo stesso; non sprecava niente, dava valore a ogni cosa, non era avara, anzi era sempre generosa con i poveri che chiedevano l’elemosina negli anni tristi del dopoguerra. Mamma Francesca ci ha lasciato una preziosa eredità di affetti e di valori. Durante la festa dei suoi 106 anni, “la nonnina di S. Margherita del Belice” ha recitato davanti al sindaco, all’arciprete e ai giornalisti, la poesia “Giulietta e Berenice” imparata 96 anni prima, quando frequentava la scuola elementare.

Giuseppe Di Giovanna, Sambuca di Sicilia (AG)

Al mio paese Osiglia (SV) passava la via dei pellegrini, là dove nel 1500 fu edificata la chiesetta di Sant’Antonio di Padova. Vicino scorre lento il fiume, attraversato da un ponte detto di Sant’Antonio perché al centro, nel 1400, fu eretto un pilone con dipinta l’immagine del Santo. Già da bambina a giugno mi recavo alla chiesetta per la novena in preparazione della festa del 13 giugno, nessuno mancava a quell’appuntamento. Il nonno faceva un mazzetto di rose legate con fili d’erba che portavamo ai piedi della statua durante il vespro, e una lunga processione attraversava la contrada. Partecipavano tanti sacerdoti della Val Bormida, assieme al nostro don Guglielmo che lasciò un segno indelebile.

La nonna già leggeva il mensile di Sant’Antonio che riceveva tramite posta indirizzato al figlio Aldo, un alpino disperso in Russia. Tra quelle pagine trovò forza, conforto, speranza che seppe trasmettere pure a noi; e anche se nei suoi occhi si leggeva tanta tristezza, mai perse la fede. Passarono gli anni e i nonni se ne andarono per sempre, allora fu mia mamma che in loro ricordo sottoscrisse l’abbonamento alla rivista, ma si ammalò senza speranza di guarigione. Dopo di lei toccò a papà e in due anni li persi entrambi. Piansi e pregai, cercando di seguire i loro esempi. Rimasi con la famiglia di mia sorella e mio marito Piero che nel frattempo aveva subìto 3 interventi al cuore e con forza mi disse: “Mai perdere la speranza”. Continuammo a frequentare la chiesetta dove lui faceva parte della corale che rendeva più solenni le funzioni religiose, poi sospesa per il Covid. Nel silenzio, alla luce di un cero guardando i quadri appesi ai muri che rappresentano le tante grazie ricevute, dico semplicemente: «Sant’Antonio, se puoi, ricordati di noi» che, ricordando ogni passo di questa storia, cerchiamo di vivere sereni dopo aver superato tante difficoltà.

Rosalda Giusto, Osiglia (SV)

La mia devozione al Santo è iniziata da quando sono nata. Mia madre prima di sposarsi abitava a due chilometri dalla chiesa di Sant’Antonio di Li Colti, in aperta campagna. Qui si svolgeva una festa molto popolare con la gente del posto. Ci sono tre associazioni: di una di queste faceva parte anche mia madre e prima i suoi genitori e i fratelli che non ci sono più. Adesso ci sono i nipoti e i cugini e c’è anche un mio fratello. Nelle altre associazioni ci sono aderenti di tanti paesi: da Tempo Pausania, Aggius, Trinità d’Agultu, Badesi, dalla campagna e zone vicine. Il giorno prima del 13 giugno iniziano i grandi preparativi: ci sono le cucine e c’è tanta gente, dai turisti alle associazioni, alla gente invitata e tanti che donano offerte. Ci sono famiglie intere che si portano il pranzo e mangiano sotto gli alberi. Anche la mia famiglia partecipava a questa festa. A causa del Covid sono due anni che si celebra solo la Messa. Sono nata in campagna, sono la più grande di 8 figli (4 maschi e 4 femmine). Ho 90 anni, ho frequentato poco la scuola perché se la mamma doveva fare il pane o lavare i panni io dovevo stare con i fratelli. Mi sono sposata a 28 anni. A me e a mio marito piacevano tanto i bambini: purtroppo ne ho persi due in gravidanza e ho sofferto molto. Dopo la morte di mio marito nel 2001 mi sono trasferita a casa delle mie due sorelle entrambe non sposate e ammalate. Sono rimasta con loro 14 anni fino alla loro scomparsa; Mariuccia, una delle due, era molto devota a Sant’Antonio. Dopo sono tornata ad abitare da sola nella casa dove avevo vissuto con mio marito. Una notte che mi sentivo un po’ disperata ho sognato Sant’Antonio affacciato ad una porta e gli ho chiesto: «È colpa mia, è colpa mia?», e Lui mi ha risposto: «No, no, no. Vedrai che starai bene...» Ora ho trovato una badante brava, sono tranquilla e non mi sento sola. Auguro a ciascuno di voi di non sentirsi mai solo.

Rosa Muntoni, Santa Maria Coghinas (SS)

ringraziamento per grazia ricevuta

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