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Un ritorno allo spirito di Nazaret

suor Marzia Ceschia

Charles De Foucauld

Proponiamo questo mese la testimonianza di un santo dei nostri tempi: Charles de Foucauld (1858-1916), canonizzato il 15 maggio 2022 da papa Francesco e la cui memoria liturgica è fissata al 1° dicembre. Parlando il 18 maggio 2022 all’Associazione Famiglia Spirituale Charles de Foucauld, il pontefice ne ha sintetizzato il carisma in questi termini: «In lui possiamo vedere un profeta del nostro tempo, che ha saputo portare alla luce l’essenzialità e l’universalità della fede. L’essenzialità, condensando il senso del credere in due semplici parole, in cui c’è tutto: “Iesus – Caritas”; e soprattutto ritornando allo spirito delle origini, allo spirito di Nazaret. [...] E poi l’universalità.

Il nuovo Santo ha vissuto il suo essere cristiano come fratello di tutti, a partire dai più piccoli. Non aveva l’obiettivo di convertire gli altri, ma di vivere l’amore gratuito di Dio, attuando “l’apostolato della bontà”. Così scriveva: “Io voglio abituare tutti gli abitanti cristiani, musulmani, ebrei e idolatri a considerarmi come loro fratello, il fratello universale” (Lettera a Maria de Bondy, 7 gennaio 1902). E per farlo aprì le porte della sua casa perché fosse “un porto” per tutti, “il tetto del buon Pastore”». Charles de Foucauld nasce a Strasburgo il 15 settembre 1858. Prematuramente perde entrambi i genitori e, insieme alla sorella Marie, è affidato al nonno materno, un colonnello in pensione. Quando ha 12 anni, la famiglia si trasferisce a Nancy.

Durante l’adolescenza, attratto dalle idee positiviste circolanti negli ambienti che frequenta, perde la fede e si dà a una vita alquanto disordinata. Intraprende quindi la carriera militare, non senza difficoltà provocate dalla sua scarsa attitudine all’obbedienza e alla disciplina. A 20 anni è ufficiale e nel 1880 è inviato in Algeria. Tre anni dopo lascia l’esercito e intraprende, travestito da rabbino, un rischioso viaggio di esplorazione e ricerca in Marocco: di questa esperienza lascia un’importante relazione scritta nel libro Reconnaissance au Maroc dato alle stampe nel 1888. Spirito inquieto, dotato di una vivace intelligenza, rimane molto colpito dalle manifestazioni di fede degli islamici che suscitano in lui domande radicali e assillanti.

Tornato in Francia, soprattutto consigliato dalla cugina Marie de Bondy cui è molto legato, viene a contatto con l’abbé Huvelin al quale chiede di essere istruito sulla religione, mentre una questione lo tormenta: «Mio Dio, se esistete, fate che vi conosca». Huvelin non gli propone lezioni, ma una via di conversione che passa per i sacramenti della confessione e dell’eucaristia. A 28 anni Charles ritrova la fede: «Come credetti che c’era un Dio, compresi che non potevo far altro che vivere per Lui solo». Durante un pellegrinaggio in Terra Santa percepisce chiaramente di voler seguire Gesù nella sua vita nascosta a Nazareth. Per sette anni vive nella Trappa, prima a Nostra Signora delle Nevi, quindi ad Akbès in Siria.

Non ancora placato nella sua ricerca, nel 1897 si trasferisce presso le Clarisse di Nazareth dove vive in povertà e solitudine, lavorando presso le monache come domestico. Nel 1901, rientrato ancora in Francia, è ordinato sacerdote nella diocesi di Viviers e avverte la chiamata ad andare verso le “pecore perdute”, i più abbandonati. Chiede e ottiene di poter trasferirsi nel Sahara algerino, a Beni Abbès, in seguito a Tamanrasset, tra i Tuareg. Nel frattempo aveva scritto la Regola dei Piccoli Fratelli, sperando sempre di realizzare con altri una fraternità ispirata alla vita di Nazareth, tuttavia non ebbe i compagni desiderati e la nuova famiglia religiosa si costituirà solo dopo la sua morte.

Nel deserto, a contatto con popolazioni mussulmane, Charles è una presenza soprattutto fraterna, di ascolto, dialogo. È uno spirito plasmato dalla meditazione della Scrittura e dalla contemplazione in tempi prolungati trascorsi dinanzi al tabernacolo. Ama nella totale gratuità le genti tra le quali vive, ne studia e apprende la lingua, redige un dizionario tuareg-francese, reagisce allo scandalo della schiavitù riscattando anche qualche schiavo. Più che di raccogliere conversioni, è preoccupato di annunciare Cristo con la propria vita, di essere un servo così buono da indurre a credere all’immensa bontà del suo “padrone”, di Dio.

È ucciso da un gruppo di predoni la sera del 1° dicembre 1916. Uomo di pace, di dialogo, in un’esistenza totalmente ispirata dalla fede Charles de Foucauld ci provoca a testimoniare che l’essenziale è il Vangelo e che partecipare alla vita di Gesù significa assumerne anche le conseguenze estreme: «Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12,24).