Anno 133 - Giugno 2021

Popolare cioè genuina

Don Livio Tonello, direttore

Tredici giugno: in festa per Sant’Antonio. Una data speciale per milioni di persone che hanno in Sant’Antonio di Padova un protettore, un amico, un testimone. Non c’è chiesa al mondo che non abbia una statua, un’immagine dedicate a questo grande santo dalla fama straordinaria.

È un miracolo in se stesso, senza togliere nulla alla popolarità di altre venerate figure. Cosa si cela in questo fervore? Cosa significano le molteplici forme di devozione? La teologia le connota come “pietà popolare”, religione del popolo. Non inganni l’accezione “popolare” come meno significativa rispetto alle espressioni ufficiali della fede. Liturgia e culto fanno parte della tradizione cristiana e sono modalità esimie di rendere lode a Dio.

Su un piano diverso si colloca la “pietà popolare” per esprimere le credenze. È fatta di gesti, di affetti, di sentimenti spontanei, anche folkloristici. Ma non meno importanti di una celebrazione solenne. E venerare un santo o la Vergine non significa tralasciare l’attenzione a Cristo, allo Spirito, alla Trinità... Il riferimento finale è sempre Dio, il solo che concede grazie. I santi intercedono per ottenerle. Non appartengono a loro i miracoli, ma l’intercessione.

La devozione desidera ricambiare, farsi presente, innalzare la propria voce, anche se semplice. È il sano desiderio di affidarsi e di riconoscersi come creature che fanno diventare salvifici gli eventi del vivere, come la nascita, la malattia, l’innamoramento, la morte, coinvolgendo il ciclo delle stagioni e il trascorrere del tempo. Se nella liturgia si riceve, nella pietà popolare si dona. La devozione antoniana dovrebbe aiutare a raggiungere Dio.

Fu l’obiettivo primario del nostro taumaturgo messosi a servizio dell’Altissimo per poter meglio servire gli uomini. È illuminante la ricorrenza dei settantacinque anni della sua proclamazione a “Dottore della Chiesa”. Gli sono state riconosciute da papa Pio XII, nel 1946, le virtù del predicatore, del teologo, del maestro nella fede. Affidarsi al doctor Evangelicus significa guardare a colui che ha maturato una profonda conoscenza della Sacra Scrittura riproposta con parole umane; invocarlo è esprimere la propria fede in Colui dal quale deriva ogni dono; imitarlo è credere possibile vivere il Vangelo in modo coerente.

Non sono magia i suoi miracoli; non è stregoneria la sua intercessione. È la fede che rende possibile opere grandi, anche maggiori di quelle fatte dallo stesso Gesù (Gv 14, 12). Religiosità popolare non è fede minore, ma voce dei semplici. È l’humus della vita ecclesiale, terreno umile e fertile che alimenta la trasmissione del Vangelo in forme genuine e sincere. Ogni candela accesa, ogni fiore donato, ogni rosario sgranato sono gesti nobili.

Esprimono una fiducia e un abbandono che la fredda razionalità non riesce a spiegare. Come la bellezza salva il mondo, secondo una nota espressione di Dostoevskij, così la genuina religiosità del popolo potrà salvare il cristianesimo dall’oblio della secolarizzazione.

La benedizione di Sant’Antonio possa raggiungere tutti voi, cari aderenti e amici dell’Associazione Universale, sempre grato per la vostra fedeltà e l’encomiabile generosità.

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