Anno 132 - Novembre 2020

L'umiltà di Francesco, la sapienza di Antonio

a cura della Redazione

Francesco e Antonio sono due santi che vissero nello stesso periodo. Francesco, anche se nel predicare si spinse in varie regioni d'Italia, rimase profondamente legato ad Assisi dove nacque nel 1182 e morì il 4 ottobre 1226; Antonio invece dalla natia Lisbona (1195) si spostò verso l'Africa del nord per poi ritornare in Italia, spingersi in Francia e quindi trascorrere gli ultimi anni a Padova, dove morì il 13 giugno 1231. Due santi differenti per estrazione sociale e formazione, per temperamento e stile evangelico, resi simili tuttavia dalla stessa passione nel mettersi alla sequela di Cristo. Entrambi erano stati giovani ricchi e allegri; entrambi avevano sognato di dedicarsi a imprese militari; entrambi avevano abbandonato le ricchezze per abbracciare una vita di povertà e mettersi al servizio dei poveri; entrambi inoltre avevano tentato, invano, di divenire missionari tra i maomettani del Marocco.

La tradizione vuole che i percorsi di Francesco e di Antonio si siano incrociati ad Assisi 800 anni fa: ripercorriamo assieme l'evento.
Siamo a fine maggio 1221. Le strade della pianura umbra risuonavano di canti e di preghiere: gruppi di Frati Minori, provenienti da varie regioni d'Europa si dirigevano verso Assisi. Il loro padre spirituale, frate Francesco, li aveva invitati a partecipare al Capitolo generale, cioè a una grande assemblea nella quale si sarebbero trattati i più urgenti problemi dell'Ordine.

Circa cinquemila frati risposero all'appello. Tra essi c'era anche Antonio, giunto dalla lontana Sicilia dov'era approdato mentre si recava a predicare in Marocco.
“Quell'esercito di cavalieri di Cristo” come li chiamò il cardinale Ugolino (il futuro Gregorio IX), presente al raduno, si accampò intorno alla chiesetta di Santa Maria degli Angeli in improvvisate capannucce di frasche. Per questo, quel raduno (che i frati chiamavano Capitolo generale) è ricordato dagli storici con l'espressione di Capitolo delle Stuoie.
Francesco e Antonio, dunque, erano presenti a quel raduno: Francesco in qualità di Fondatore dell'Ordine e provato nella salute, Antonio invece come semplice giovane frate, che ancora non aveva avuto modo di far conoscere ai confratelli le proprie doti di sapiente predicatore del vangelo. 

All'inizio di quell'assemblea generale Francesco dette prova di grande umiltà rinunciando al governo dell'Ordine da lui fondato per affidarlo a frate Elia. «Il Signore - disse il Poverello - non mi ha chiamato alla vita religiosa per comandare, ma per obbedire». Volle perciò divenire suddito di coloro che egli stesso aveva accolto nell'Ordine. 

Durante le discussioni del Capitolo, frate Francesco sedeva accoccolato ai piedi di frate Elia. Quando voleva esprimere qualche suo parere, gli tirava la tonaca. Frate Elia, allora, si curvava per ascoltare ciò che il Padre desiderava dire ai frati per poi trasmetterne il pensiero. La grande assemblea ebbe fine. Frate Francesco, tenendo le mani distese su quella numerosa folla di frati, ripeté la Benedizione biblica: «Il Signore vi benedica e vi custodisca, volga su di voi la sua faccia e vi dia pace». Poi, quasi a dare l'ordine di sciogliere il Capitolo generale, disse: «Andate per il mondo in nome di Dio! Dove c'è odio portate l'amore, dove c'è guerra portate la pace, dove c'è tristezza portate la gioia».

Frate Antonio non dimenticherà mai i giorni trascorsi ad Assisi. Di certo non sappiamo se vi sia stato anche un contatto più diretto tra i due santi, faccia a faccia. Sappiamo invece che tra la fine del 1223 e l'inizio del 1224 Francesco inviò ad Antonio una lettera, o meglio, un biglietto. Contenente parole di venerazione e di stima, egli autorizzava Antonio a insegnare la teologia ai frati, raccomandandosi che ciò non andasse a scapito della preghiera. Il significato di tale biglietto consiste nell'investitura di Antonio a predicatore e maestro di teologia da parte di Francesco e pone il primato di Dio su tutto, senza ostacolare o impedire la fioritura dei talenti personali. Ecco il testo (in versione italiana, secondo l'edizione stabilita da Kajetan Esser) «Al fratello Antonio, mio vescovo, auguro salute. Approvo che tu insegni teologia ai frati, purché, a motivo di tale studio, tu non smorzi lo spirito della santa orazione e devozione, come è ordinato nella Regola». E Antonio, con la sua vita, realizzò pienamente l'esortazione di san Francesco.

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