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Immacolata: dono d’amore alla Madre

Don Chino Biscontin

A percorrere la storia che ha portato Pio IX a proclamare, l’8 dicembre 1854, il dogma dell’Immacolata concezione di Maria, si rimane colpiti dal fatto che la devozione e l’amore dei semplici fedeli ha preceduto sia le formulazioni teologiche che quelle della gerarchia ecclesiastica.

A voler offrire un esempio del modo di concepire la Chiesa, a partire dal vissuto di fede del popolo, che è caratteristica della predicazione di papa Francesco, quello dell’Immacolata è tra i più chiari. Eppure è frequente incontrare tra i nostri fedeli confusione riguardo al significato dell’Immacolata concezione di Maria Santissima.

Sono numerosi coloro che ritengono si tratti del concepimento verginale di Gesù o della sua verginità perpetua. Va dunque chiarito che la concezione immacolata di Maria non è una virtù di Maria, ma un dono di grazia da parte di Dio. Un dono che fece sì che fin dal suo concepimento nel grembo di sua madre, che la tradizione chiama Anna, Maria non fosse segnata dal “peccato originale”, che tutti gli uomini e le donne invece contraggono. E sono frequenti anche le comprensioni non corrette di ciò che si deve intendere con l’espressione “peccato originale”. Infatti la parola “peccato” fa pensare a una colpa personale: ma quale colpa può avere un neonato?

E “originale” fa pensare che si tratti di un evento da cercare solo nelle “origini” dell’umanità. Come intendere invece correttamente questa verità affermata dalla nostra fede? Per “peccato” qui si intende un guasto strutturale interiore che ci contagia e rende difficoltoso un corretto rapporto con Dio, e ciò inizialmente senza una nostra colpa. E per quanto riguarda la sorgente del contagio, bisogna pensare a tutta la massa di male che scelte peccaminose umane hanno scaricato e continuano a scaricare entro la nostra storia. Nascendo dentro questa storia gli uomini ne risultano inevitabilmente contagiati. Da questo contagio Maria è stata preservata per un dono di grazia da parte di Dio in vista della sua maternità divina. Non si deve sottovalutare l’importanza di questa dottrina sul peccato originale.

A partire dall’illuminismo si è diffusa l’opinione secondo cui l’uomo avrebbe in sé tutte le risorse che servono per una sua piena realizzazione. In particolare con la ragione (chiamata la “dea ragione”) potremmo comprendere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato e così essere in grado di fare le scelte giuste. Senza diminuire l’importanza della ragione, l’esperienza, anche quella degli esiti negativi del razionalismo, mostra con chiarezza che l’uomo non ha solo bisogno di capire: ha bisogno di essere guarito da quello che abbiamo chiamato guasto strutturale. Dall’Immacolata viene verso di noi una luce colma di speranza. Per quanto l’umanità sia segnata dal male, Dio non ritrae da essa il suo amore e la sua volontà di guidarla a un esito di vita piena, buona e degna dell’eternità.

Egli ha preso l’iniziativa di mandare il suo Figlio per guarire e illuminare gli uomini, mediante una piena comunione resa possibile dal dono dello Spirito. Maria, piena di grazia, è testimone sia della fedele volontà di Dio di salvarci sia della nostra possibilità di essere da Lui illuminati, guariti e salvati. Maria non ha vissuto un rapporto distorto con Dio. Ha percepito Dio come bontà infinita e a Lui si è donata con una fiducia totale. In tal modo ha potuto essere aperta al dono supremo del Padre, il suo Figlio, generato come uomo nel suo grembo, per essere la guarigione e la salvezza dell’umanità. È infatti in vista di Gesù che Dio ha voluto Maria Immacolata, così che anche per lei, come per tutti noi, va detto che ha ricevuto grazia su grazia mediante il Figlio di Dio.

Queste le parole del dogma dell’Immacolata: «La beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per una grazia e un privilegio singolare di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, è stata preservata intatta da ogni macchia del peccato originale».