Anno 134 - Gennaio 2022

Il futuro della Chiesa

Don Livio Tonello, direttore

È consuetudine all’inizio del nuovo anno fare previsioni sui giorni a venire. Lo si fa consultando le stelle e gli oroscopi, più per abitudine che per convinzione. Da qualche tempo ci si interroga anche sul futuro della Chiesa. Le statistiche non sono benauguranti... I segnali che arrivano da pubblicazioni recenti (Siamo gli ultimi cristiani?, La Chiesa brucia, Chiese chiuse...), denotano l’incertezza e l’inquietudine nella compagine ecclesiale.

Sono constatazioni che tutti facciamo nella comune esperienza. Numeri ridotti alla Messa domenicale, calo dei volontari e operatori pastorali, poca incidenza sociale del pensiero cristiano, perdita di autorevolezza della gerarchia... Solo di un mese fa la chiusura delle prestigiose Edizioni Dehoniane di Bologna. La pandemia ha solo accelerato una inesorabile erosione numerica e qualitativa che dura da anni.

È lecito, allora, chiedersi quale possa essere il futuro della Chiesa, ma più in generale del cristianesimo stesso in ambito italiano ed europeo. Nel resto del mondo si assiste a una crescita, ma nelle Chiese di antica cristianità siamo spettatori di un lento declino. Delusione e scoraggiamento affiorano nei discorsi degli stessi frequentanti. Che fare? Certamente gli auspici non bastano.

Sappiamo che il futuro è nelle mani di Dio e che non lascerà la comunità ecclesiale al suo destino. Ma da parte dei cattolici si esige un sussulto. Gli scandali hanno pesantemente inficiato la credibilità e l’autorevolezza delle nostre istituzioni. Questo permette di purificare la mente e il cuore, facendo piazza pulita di incrostazioni e devianze.

Il futuro della Chiesa dobbiamo cominciare a scriverlo oggi. Nell’animo dell’uomo della strada non verranno meno le domande di senso, la ricerca della qualità della vita, di valori che umanizzano. Di questi la Chiesa, esperta in umanità, ha una esperienza secolare. Il fenomeno che constatiamo della “esculturazione” del cristianesimo, di un esodo nella cultura moderna al riferimento cristiano, contribuirà a un impoverimento della stessa.

Il Vangelo, predicato e vissuto per secoli, rimane una semente preziosa per la promozione della vita e la convivenza tra i popoli. Sui temi che stanno a cuore all’opinione pubblica (ecologia, omofobia, integrazione...) i cristiani hanno già maturato un pensiero forte. A torto viene ritenuto “confessionale” e quindi di parte e con poco valore. Non tenerne conto è impoverire la cultura, privarla di un apporto che ha radici profonde.

Il Vangelo non è un racconto del passato, ma narrazione del cammino umano che solo nell’apertura all’Altro comprende se stesso. Incerte sono le previsioni e di poco conto anche gli auspici sul futuro della Chiesa. Ci rimane la certezza di non essere una struttura transitoria perché fondata su una Parola che non passa. Potrà anche “bruciare”, potrà rischiare di “chiudere” per fallimento, ma sarà sempre aperta alla speranza.

Gli ultimi cristiani sono anche i primi del nuovo popolo di Dio che, passato attraverso il deserto, scorge quella terra che rimane sempre promessa, ma l’unica mèta del tragitto terreno.

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