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Ecco i santi della porta accanto

Michele Nicolè

Il 12 maggio scorso, nel bicentenario della nascita di Florence Nightingale (Firenze, 1820 - Londra, 1910), considerata la fondatrice dell’infermieristica moderna, abbiamo celebrato la Giornata Internazionale dell’infermiere. Una ricorrenza che quest’anno si è trasformata soprattutto in un grande ringraziamento. Nella prova durissima che l’Italia si è trovata ad affrontare in questi mesi, infatti, l’impegno speso per vincere questa battaglia ha assunto il volto degli infermieri che, insieme ai medici e agli altri professionisti e operatori sanitari, abbiamo visto in prima linea.

La signora Nightingale aveva tracciato le linee guida della sua professione: «L’infermieristica non è semplicemente tecnica, ma un sapere che coinvolge anima, mente e immaginazione», e mai come in questi mesi di lotta alla pandemia le sue parole sono state così vere. Abbiamo visto i volti segnati dalle mascherine, stanchi dopo ore trascorse nelle terapie intensive, degli infermieri di tutto il mondo, da Wuhan a Bergamo, da Bruxelles a Parigi, da Londra a New York, Mosca, Mumbai. Li abbiamo visti festeggiare a ogni guarigione, ballare per scacciare la paura, piangere nei momenti bui, confortare e sostituirsi ai parenti nell’ultimo saluto.

Li abbiamo visti scriversi il nome o messaggi di incoraggiamento sulle tute di protezione per far capire che lì dentro c’erano uomini e donne, schierati in prima linea. E addormentarsi sulla scrivania, stremati, senza avere il tempo di spogliarsi. E come eroi sono stati raffigurati sui muri di tante città: sulla facciata dell’Ospedale di Bergamo campeggia il disegno dell’artista veneziano Franco Rivolli che immagina l’operatore sanitario come un angelo che sorregge e coccola l’Italia, il britannico Banksy ha realizzato un bimbo che gioca son un’infermiera dotata di mantello come un supereroe, per citarne solo alcuni.

Anche Papa Francesco ha voluto rivolgere loro il suo ringraziamento e lo ha fatto con un accorato messaggio: «Quotidianamente assistiamo alla testimonianza di coraggio e di sacrificio degli operatori sanitari, in particolare delle infermiere e degli infermieri, che con professionalità, abnegazione, senso di responsabilità e amore per il prossimo assistono le persone affette dal virus, anche a rischio della propria salute. In questo momento storico segnato dall’emergenza sanitaria mondiale provocata dalla pandemia del virus, abbiamo riscoperto quanto la figura dell’infermiere, ma anche quella dell’ostetrica, ricoprano un ruolo di fondamentale importanza».

Ricordando che «purtroppo, è elevato il numero degli operatori sanitari che sono morti nel fedele compimento del loro servizio» il Pontefice ha assicurato la sua preghiera «per loro e per tutte le vittime di questa epidemia». «Prendendovi cura di donne e di uomini, di bambini e anziani in ogni fase della loro vita, dalla nascita alla morte, siete impegnati in un continuo ascolto, teso a comprendere quali siano le esigenze di quel malato, nella fase che sta attraversando. Davanti alla singolarità di ogni situazione, infatti, non è mai abbastanza seguire un protocollo, ma si richiede un continuo sforzo di discernimento e di attenzione alla singola persona. A volte – ha concluso il Pontefice – vi trovate accanto a loro mentre stanno morendo, donando conforto e sollievo negli ultimi istanti.

Per questa vostra dedizione voi siete tra i “santi della porta accanto”. Siete immagine della Chiesa “ospedale da campo”, la quale continua a svolgere la missione di Gesù Cristo che avvicinò e guarì persone sofferenti per ogni genere di male e si chinò a lavare i piedi dei suoi discepoli. Grazie per questo vostro servizio all’umanità!». In precedenza, nella domenica in cui la Chiesa celebra il Buon Pastore (3 maggio), papa Francesco aveva pregato per i tanti sacerdoti, religiosi e religiose, morti a causa del virus.

Il numero, solo dei sacerdoti defunti, supera i 100: il tributo più pesante a Bergamo (con 25 morti) e a Milano (13). La gran parte dei preti sono morti contagiandosi perché sono rimasti in mezzo alla gente anziché pensare a mettersi in salvo; i pochi altri erano in case di riposo. Tutti loro samaritani, carichi di premura e amore verso i propri fedeli.