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Dalla parte dell’amore, a ogni costo

suor Marzia Ceschia

Nunzio Sulprizio

Nunzio Sulprizio nasce in Abruzzo, a Pescara, il 13 aprile 1817. A soli sei anni è orfano di padre e di madre e a nove anni perde anche la nonna materna, colei che l’aveva educato alla fede, insegnandogli ad amare l’Eucaristia, i sacerdoti e la Madre di Dio. Uno zio, un uomo violento, lo prende con sé e lo fa lavorare nella sua bottega di fabbro ferraio, vietandogli di proseguire la frequenza della scuola, dove già si era distinto per mitezza e intelligenza: Nunzio si trova a dover affrontare attività molto pesanti, che lo debilitano, sopportando le fatiche del lavoro anche quando, a causa delle condizioni del tutto inadatte alla sua età e costituzione fisica, si ammala di carie ossea.

I compaesani gli impediscono di accedere alla fonte del paese per detergere una grave ferita alla caviglia, nel timore che la infetti. Il ragazzo trova allora una vena d’acqua a Riparossa, nelle vicinanze: trascorre in quel luogo molto tempo, lavando la piaga che gli procura dolori lancinanti e pregando il Rosario. Nel 1831 è ricoverato all’ospedale dell’Aquila dove stupisce per la sua sensibilità e attenzione nei confronti degli altri ammalati. Quando rientra presso la casa dello zio – i medici l’avevano giudicato inguaribile – è costretto a elemosinare per sopravvivere. È un altro zio, militare a Napoli, di stanza presso il Maschio Angioino, a toglierlo da questa penosa situazione: lo fa venire presso di sé e lo presenta al colonnello Felice Wochinger, conosciuto come “il padre dei poveri” per la sua attenzione nei confronti degli indigenti, che se ne prende carico con affetto paterno, prodigandogli ogni cura necessaria.

Nunzio è ricoverato presso l’ospedale degli incurabili, dove chiede di poter ricevere la prima Comunione, e non si risparmia in gesti di carità nei confronti degli altri pazienti, offrendo loro anche la sua parte di cibo. Non prospettandosi alcuna soluzione per il suo male, di nuovo è dimesso e accolto nella casa del colonnello nell’aprile del 1834. In quel periodo Nunzio avverte con chiarezza la chiamata al sacerdozio, ma la gravità della sua malattia non gli permette di realizzare questo desiderio. Tuttavia vive fino alla fine con intensa fedeltà alla preghiera e con fede serena e generosa anche nel declinare delle sue forze. Muore a soli 19 anni il 5 maggio 1836.

È stato canonizzato da papa Francesco il 14 ottobre 2018 e iscritto tra i Santi durante il Sinodo dei Vescovi dal tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”. «Tutto il bene viene da Dio» era il suo motto. Un «santo giovane, coraggioso, umile che ha saputo incontrare Gesù nella sofferenza, nel silenzio e nell’offerta di sé stesso», lo ha definito nell’omelia di canonizzazione il Papa. Un giovane che ha avuto la tenacia di restare dalla parte dell’amore a ogni costo, assumendo la Croce come criterio di senso anche là dove ogni logica parrebbe mancare. È una figura che ci pare significativo presentare in questo mese di maggio che si apre con la celebrazione della memoria di san Giuseppe lavoratore e con gli appuntamenti civili in occasione della Festa internazionale dei lavoratori.

Ci richiama infatti a porre attenzione al mondo sommerso dello sfruttamento del lavoro minorile, a tanti piccoli martiri degli interessi economici, le cui vite non entrano nel computo degli occupati, ma sono rese invisibili, merce che vale meno dei manufatti che producono. Le organizzazioni mondiali che si occupano d’infanzia calcolano che siano 160 milioni i bambini (tra i 5 e i 17 anni) nel mondo costretti a lavorare, ai quali è spesso precluso l’accesso all’istruzione e che sono privati della dignità e dei diritti fondamentali. Ai partecipanti alla Conferenza Internazionale “Sradicare il lavoro minorile, costruire un futuro migliore” il 19 novembre 2021 papa Francesco rivolgeva queste parole: «Lascia allibiti e turbati il fatto che nelle economie contemporanee, le cui attività produttive si avvalgono delle innovazioni tecnologiche, tanto che si parla di “quarta rivoluzione industriale”, persista in ogni parte del globo l’impiego dei bambini in attività lavorative.

Questo pone a rischio la loro salute, il loro benessere psico-fisico e li priva del diritto all’istruzione e a vivere l’infanzia con gioia e serenità». La giovane personalità di san Nunzio Sulprizio, mentre ci sollecita a non essere indifferenti alle piaghe causate da qualsiasi pratica di sfruttamento, ci stupisce per la sua disposizione costante alla gratuità, a rispondere al male restando nel bene, a invertire in questo modo – così è la “stoltezza della Croce” – le logiche che avviliscono l’essere umano, contrapponendo a esse un cuore grande, aperto al dono e per questo sempre giovane e generativo. È questa la perenne vitalità dei santi.