Anno 135 - Settembre 2023Scopri di più
Dal basso o dall’alto?
Don Livio Tonello, direttore
Capita spesso di sentire espressioni che parlano di una Chiesa dal basso contrapposta a una dall’alto; di imposizioni calate dall’alto; di una base solo ricettiva.... Modi di dire che esprimono insofferenza e segnalano una urticante contrapposizione. «Tra voi però non è così» direbbe il Vangelo dell’evangelista Marco (10,43). Il percorso sinodale che sta coinvolgendo la Chiesa italiana e quelle mondiali, va nella direzione di un discernimento richiesto a tutti i battezzati: dai vescovi fino al più umile cristiano, e non solo.
Se per “alto” intendiamo la gerarchia e per “basso” il popolo, non giungeremo mai a dei benefici. Saremmo sempre di fronte a una distinzione che può diventare separazione, recriminazione e condurre a un esercizio di potere indebito. La comune dignità di figli di Dio ci porta a essere primariamente discepoli del Maestro. Sono differenti i ruoli, le responsabilità e i servizi che scaturiscono dalla risposta alla chiamata del Signore. Ma come nella similitudine paolina del corpo e delle membra, ciascuno ha la propria funzione a vantaggio dell’insieme.
Il corpo di Cristo che è la Chiesa, vive della varietà e della molteplicità dei doni dello Spirito che trovano esplicitazione nello stile evangelico dei credenti. Questo che significa? Che non c’è un basso e un alto, un grande e un piccolo, chi comanda e chi obbedisce... Papa Francesco ha dato un impulso notevole alla via sinodale, coinvolgendo tutto il popolo di Dio nelle decisioni e nelle scelte. Sta tentando di riformare la curia romana, sceglie cardinali da ogni parte del mondo, inserisce figure laicali, consacrate e femminili nei dicasteri e negli uffici pastorali.
Tutto ciò, da una parte incentiva la corresponsabilità e la collaborazione, dall’altra allarma coloro che prediligono una “Chiesa a gradini”, via via sempre più pregevoli man mano che si sale. C’è ancora chi guarda dall’alto i propri fratelli e sorelle; chi si sente superiore in nome di titoli e onorificenze; chi non accetta i pronunciamenti autoritativi. Non sembrino facile sfogo queste affermazioni, ma constatazioni raccolte nella quotidiana vita pastorale. Un confratello mi dice: «i teologi fanno presto a parlare; bisogna sperimentare la fatica di tradurre sul campo i concetti e le idee».
Ci sono ruoli diversi che non devono contrapporsi. Solo nella collaborazione tra vocazioni diverse si arriva a produrre il meglio per tutti. Anche le membra più nobili non avrebbero vita senza quelle nascoste e apparentemente meno importanti. Qualcuno dovrà sempre assumersi compiti autoritativi e a volte anche impositivi. Anche il Papa usa spesso lo strumento della lettera pastorale Motu proprio (di sua iniziativa) per modificare norme o avviare innovazioni.
Non è certo un metodo sinodale, ma certamente dettato dal sentire comune colto nelle relazioni, nelle visite pastorali, nella restituzione di comitati e commissioni. Il basso e l’alto sono metafore: non diventino barriere che dividono.