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Se parlo di Greta...

Gabriele Pedrina

Se parlo di Greta, sapete di chi parlo. Ha dell’incredibile quello che è riuscita a fare: la gente che ha smosso, i giovani che ha ispirato, l’attenzione che ha catturato da parte di giornali, tivù, social, potenti della terra e disperati del mondo. Potremmo anche provare a smontare la storia di Greta, dire che i discorsi che si fanno alla vostra età sono belli ed esaltanti, ma distanti dalla vita concreta; però sarebbe solo il vecchio e triste modo per girarsi dall’altra parte.

Di lei mi colpisce sempre la sua espressione: fiera e arrabbiata; che non è strafottente e arrogante come a volte vi piace mostrarvi quando vorreste essere qualcuno, senza però neanche sapere chi, né come diventarlo. Lei invece ha le idee ben chiare. La sua è una rabbia che non ha a che fare con il passato, come spesso accade a noi di una certa età, ma con il futuro e il presente che lo sta preparando.

Non è arrabbiata perché vede la Greta di oggi poco considerata dagli adulti, una sedicenne che deve subire il no dei genitori, la sufficienza con cui liquidano la sua richiesta di passar la notte fuori con le amiche. Lei vede la Greta di domani, quella che sta cercando di diventare, la vita che sta mettendo insieme; e vede come gli adulti di oggi fanno e brigano senza alcuna cura del mondo in cui lei vivrà, lasciando che si squagli e si lordi come se nulla fosse.

Trattasse la sua cameretta come loro trattano il pianeta, probabilmente li sentirebbe sbraitare fino al polo nord. Una volta ha detto: «Non siamo venuti a implorare i leader mondiali di occuparsi dell’ambiente. Ci avete ignorato in passato, ci ignorerete ancora. Siamo qui per dirvi che il cambiamento sta arrivando. Che vi piaccia o no». La fierezza parte da qui: dal sentire che la strada che stai percorrendo è quella giusta; e non perché hai tanti followers e sei pieno di like e neanche perché ti guardi allo specchio delle tue fantasie e ti piaci.

La strada è giusta quando alzi lo sguardo e ti guardi attorno, quando ascolti con disponibilità e accetti la fatica di capire cose lontane da te, quando riesci a dare un significato a quello che vedi e vedi quello che c’è da fare. E lo fai, ogni giorno. Di questo ha senso essere fieri. «Ma a quindici anni non dovremmo pensare solo a divertirci?». Se pensate che sia questo il vostro dovere... rischiate grosso. Divertirsi significa distrarsi, girare la testa per non vedere le cose che preoccupano o rattristano e tenere, così, il cuore più leggero.

Ma non dimenticate che mentre voi pensate ad altro, le cose accadono, “i cambiamenti arrivano” e quello che oggi preferite non guardare si piazzerà davanti a voi più minaccioso del peggior bullo della vostra scuola. Ma se divertirsi è cantare a squarciagola per non sentire la vescica al piede che fa male mentre cammini in montagna, fare a gavettoni con gli amici per liberarti dal caldo durante un campo di lavoro o scatenare la fantasia mentre stai creando qualcosa... ebbè... questo è un altro discorso, questa è la benzina che vi fa andare avanti, è il sorriso che sa illuminare il vostro sguardo fiero.

Gesù aveva 30 anni quando iniziò a farsi sentire. Geremia, 400 anni prima, ne aveva un bel po’ di meno quando iniziò la sua vita di profeta. «Sono giovane, chi mi ascolterà?» si domandava. Ma quello che vedeva attorno a sé, il disastro che incombeva sul suo popolo, gli impedivano di tacere. Servì a poco: il cambiamento arrivò e lui fu tra i primi a pagarne il prezzo. Eppure la rabbia si trasformò in consolazione e la paura nella certezza che, se anche buttati fuori dalla loro terra, non erano stati scacciati dal cuore del Buon Dio. Per Geremia, e non solo, il domani cresce lì dentro.