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La vita di sant'Antonio negli affreschi di Tito (Potenza)

Mariangela Salvia

A nord-est dell’edificato di Tito, un piccolo paese della provincia di Potenza, a circa 15 Km dal capoluogo di regione, su uno dei tre promontori intorno ai quali prese forma l’originario insediamento urbano, sorge il complesso conventuale S. Antonio di Padova, uno dei principali insediamenti francescani lucani.

Sorse per iniziativa di un gruppo di padri francescani originari del paese, appartenenti all’Ordine dei Minori Osservanti, in seno al movimento della Regolare Osservanza, promotore dello sviluppo culturale e artistico nella regione, nonché di una intensa attività edilizia. Ottenuto l’assenso da Papa Leone X, nel 1514 si diede avvio alla costruzione del convento col concorso delle Universitates (gli antichi comuni) di Tito e della vicina Pietrafesa, l’attuale Satriano, e della popolazione locale, il che evidenzia il forte radicamento nel territorio della fabbrica francescana.

Le vicende del complesso di Tito furono parallele alla parabola del movimento, quindi una grande importanza nei primi secoli di diffusione e una progressiva decadenza, durante l’occupazione militare francese del Regno di Napoli e dopo il terribile sisma del 1857, fino alla soppressione voluta dal governo liberale del giovane Regno d’Italia, nel 1866. Anche dopo la soppressione, ha tuttavia continuato, in varie forme, a rivestire un ruolo di riferimento culturale e spirituale per la comunità titese.

Il complesso conventuale possiede il tipico impianto dei conventi francescani: un fabbricato a pianta rettangolare con una chiesa ubicata sul lato nord-ovest, contigua a un convento organizzato intorno a un chiostro, protetto dai venti freddi dalla chiesa. Intorno al chiostro, un tempo centro regolatore del ritmo dell’intero complesso, si smistano i percorsi che conducevano ai vari settori di attività, intorno ai quali si articolava la distribuzione degli spazi.

Dopo la sua soppressione fu sottoposto a numerosi interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, ma anche a una lunga serie di rimaneggiamenti e cambi di destinazione d’uso dei locali. L’ultima massiccia campagna di restauro, conclusasi nel 2011, è stata guidata dall’intento di restituire al complesso il suo originario impianto, ricostruito sulla base delle fonti archivistiche.

Il Convento Sant’Antonio è scrigno di un ricco patrimonio artistico costituito da imponenti macchine d’altare tardobarocche, una pregevole cantoria settecentesca, innumerevoli arredi sacri riccamente decorati, statue e tele pregiate, due fra tutte la Madonna col Bambino (Giovanni da Nola, anni ‘20 del 1500) in legno intagliato dorato e dipinto, e la tela Incoronazione della Vergine (Giovanni de Gregorio, detto il Pietrafesa, 1629), nonché preziose decorazioni a fresco, presenti sulla parete destra della navata principale della chiesa, ma soprattutto nel convento.

Il suo chiostro, infatti, conserva uno dei più interessanti cicli ad affresco della regione , realizzati in più campagne decorative, grazie a una committenza corale, religiosa e laica, come è testimoniato dalle numerose iscrizioni e stemmi presenti nell’impianto decorativo. Alla luce dei risultati dei puntuali interventi di restauro, è stato possibile collocare la campagna decorativa originaria nel panorama della pittura murale lucana fra la seconda metà del ‘500 e i primi decenni del secolo successivo e accostare la pregevole realizzazione alla bottega di Giovanni e soprattutto Girolamo Todisco, oltre che al Pietrafesa.

A questa originaria produzione occorre accostare l’intervento novecentesco di Giuseppe Fatiguso, un pittore e disegnatore di Cassano delle Murge (autore della nota immagine liberty dell’etichetta gialla dell’Amaro Lucano), che firma diverse scene. A lui, infatti, negli anni ‘20 del 1900 fu commissionato, in occasione dell’apertura dell’asilo infantile “Principe Umberto” un massiccio intervento di restauro degli affreschi, allora in pessime condizioni, nonché di completamento delle parti mancanti delle decorazioni.

L’intero ciclo pittorico si dispiega lungo i quattro corridoi perimetrali del chiostro, sulle pareti e sulle volte. Il linguaggio iconografico è semplice e immediato, e si esplica attraverso il racconto, la celebrazione, il culto. Il racconto trova espressione nelle 27 scene tratte dalla vita e dagli interventi miracolosi di Sant’Antonio; la celebrazione, nell’esaltazione dell’Ordine stesso, nei ritratti di Santi e Beati, frati distintisi, personaggi biblici, raffigurati negli innumerevoli medaglioni e cartigli; il culto proprio, nella raffigurazione di immagini sacre.

Questo ricco repertorio è accomunato da una medesima “architettura ornamentale”: un festone o nastro centrale percorre ciascun corridoio per tutta la sua lunghezza, e da questo partono rami laterali, a scandire la volta in riquadri piuttosto regolari, arricchiti da raffigurazioni naturalistiche e figure allegoriche; le pareti verso il cortile interno ospitano figure di profeti e dottori della chiesa in tondi e nicchie prospettiche; le pareti opposte accolgono i riquadri delle scene, scanditi da suggestive colonne all’antica diverse l’una dall’altra, su cui poggia una trabeazione decorata con iscrizioni, stemmi e tondi.

Il corridoio est, che conserva i brani decorativi più antichi, invece, si discosta da questa comune, sebbene variegata, impostazione. La rigogliosa decorazione naturalistica della volta ospita, accanto a elementi più fantastici, i richiami alla tradizione francescana. Il valore inestimabile del patrimonio culturale custodito nel complesso conventuale, sotto forma di stratificazione storica espressa nell’architettura e nelle pregevolissime produzioni artistiche, merita di essere conosciuto e apprezzato.

Da questa consapevolezza è nato il progetto “SEQUERI”, sviluppato a partire da una ricerca scientifica che ho condotto, da cui sono tratte le immagini che accompagnano i mesi di quest’anno. Attraverso l’utilizzo di contemporanei strumenti di fruizione, si intende riconsegnare alla comunità locale e globale la documentazione della storia, dell’architettura e in particolare della decorazione del convento, allo scopo divulgativo di ri-connettere l’identità attuale con la memoria storica e ri-conoscere il patrimonio culturale, conoscerlo cioè in modo nuovo, più profondo e utile all’identificazione con il luogo.

Sequeri è stato presentato pubblicamente il 5 Maggio 2018 in forma demo presso il Chiostro del Convento stesso. È tuttora possibile accedere online a parte dei contenuti presentati ed essere aggiornati sugli sviluppi visitando il sito www.conventotito.it.