Anno 132 - Gennaio 2020

Il genio di Donatello

Alfredo Pescante

Veneto e Padova nell’arte sono ancora ferme “in affascinanti fantasie gotiche”. D’improvviso (fine 1443) irrompe nella città del Santo il quasi sessantenne Donatello (1386-1466), grandissimo artista fiorentino che crea capolavori indimenticabili, avviandovi il Rinascimento.

D’improvviso? Per noi, sfortunati, che non possediamo documenti di quel periodo negli archivi dell’Arca. Chissà quante volte sarà stato richiesto da committenti patavini d’importare il frutto del suo genio nella città d’Antenore! Qui c’erano ricchezza, eccellente cultura promossa dall’Università, avviati studi di prospettiva, voglia di nuovo, amore per l’antichità, presenza d’influenti fiorentini, mecenati, dotti frati e clero e un vescovo, Pietro Donato, che soggiornando a Firenze lo aveva conosciuto.

Figlio di Niccolò di Betto Bardi, tessitore, Donatello era stato avviato ai laboratori di Brunelleschi e Ghiberti con esiti magnifici. Il vescovo ne avrà parlato, tessendo mirabilie di lui, a frati conventuali che sognano un nuovo altare nella Basilica antoniana e a Venezia desiderosa d’innalzare degna sepoltura a Gattamelata, suo valoroso generale.

Donatello lascia la sua bottega fiorentina, collocata ove sorgerà il Palazzo dei Medici, e va a Padova: in primo tempo abita e opera nella “Casa del Pesce” proprio di fronte alla Basilica, poi opta per un’altra all’angolo ovest del Prato della Valle e infine in via Rogati, vicine a corsi d’acqua.

Informatosi della perizia del fonditore Andrea delle Caldiere, di stanza al Maglio vicino alla Basilica, lo sceglie unitamente a una schiera di abili aiutanti locali e toscani. Padova, cui lascerà “infinitissime” opere di bronzo, legno, marmo, terra e stucco, oltre ai capolavori della Basilica antoniana, ne udirà battere il martello fino a inizio 1454.

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