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Rivista sant antonio Ottobre 2023
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Quel disegno unico che parla di noi

Gabriele Pedrina

chatgpt

Fare i compiti a casa non è più un problema, vero ragazzi? Tanto c’è ChatGpt! E non ditemi che non ne sapete nulla. Capisco se foste i vostri genitori, ma è inverosimile che uno della “generazione Z” non abbia già iniziato ad approfittare di questa meraviglia del web. Continuate a fare gli gnorri? Gli innocentoni? Vabbè; sto al gioco e vi dico di cosa sto parlando.

ChatGPT è come whatsapp soltanto che dall’altra parte, a chattare con te, non ci sono i tuoi amici, non ci sono delle persone, ma c’è un’intelligenza artificiale che ti risponde a tono, come fosse una persona. Puoi chiedergli qualsiasi cosa e lui (o lei, chi lo sa?) ti dà la sua bella risposta, come se a scrivere ci fosse un esperto di quell’argomento. Non solo: puoi chiedergli di scriverti un tema, di risolverti un problema, di inventarsi una storia, di farti un riassunto, di correggerti un compito, di farti una traduzione... qualsiasi cosa... e in un paio di secondi lo fa.

E se non ti piace il risultato, o lo vorresti più lungo, o che spieghi meglio un perché, o che faccia ridere, oppure no, che faccia piangere... lui lo rifà. Quando scrive un testo lui non copia, perché ogni cosa che scrive è originale. Se tu prendi e incolli, nessuno se ne accorgerà, a meno che ti conosca così bene da saper riconoscere il tuo stile e distinguerlo da quello di un altro. Ma non finisce qui. È gentile! Si scusa se non sei soddisfatto del suo lavoro o se non ha capito la tua richiesta (che il più delle volte dovrebbe dirti «Ma chi ti capisce a te?!»), ti fa i complimenti se gli proponi delle soluzioni, ti dice grazie se gli passi un’informazione di cui non era a conoscenza e soprattutto chiude ogni risposta invitandoti a tornare da lui se hai altre domande. Cosa che anche il migliore degli amici, alla quinta volta che gli chiedi un aiutino, ti fa ciao con la manina.

Lui no, instancabile, è pronto a generare una nuova risposta all’infinito. Ed è pure carino! Quando gli ho chiesto notizie su miei problemi di salute, lui, dopo aver insistito sul fatto che avrei fatto meglio a rivolgermi a un medico e dopo avermi comunque dato una sua risposta, ripetendo che dovevo sentire uno specialista, ha chiuso dicendomi «Abbi cura di te». Gli amici me l’avranno detto tre volte in vita «Abbi cura di te»! I più, quando mi succede qualcosa, passano svelti a raccontarmi di quando a loro è successo di peggio. ChatGPT è stato addestrato a essere “empatico”, cioè a prestare attenzione alle emozioni di chi si rivolge a lui. E gli viene facile perché non ha emozioni, le quali potrebbero entrare in contrasto con le nostre, e non ha una storia fatta di avventure e ricordi da riproporre.

Gli viene facile perché non ha “coscienza”, non prova sentimenti e si “comporta” esattamente come gli hanno insegnato a fare. Io lo utilizzo per diverse cose, e vi posso dire che idea me ne sono fatto. Se conoscete i personaggi di Topolino, mi sembra che dall’altra parte della chat ci sia Pico de Paperis, un sapientone che sa tutto di qualsiasi cosa e sa risolvere tutti i problemi che hanno a che fare con le parole e i numeri. Un Pico de Paperis che non si fa storie ad aiutarti, che non si chiede se è giusto o sbagliato o cosa ne farai di quello che ti dice. Un esperto che può anche sbagliare e che può imparare da te. Una guida che ti spiana la strada, ma che – attenzione! – non ha un posto dove portarti. Ho visto che i risultati migliori li ho raggiunti sulle questioni dove anch’io ne sapevo qualcosa, così che, mettendo insieme quello che lui mi diceva con le mie conoscenze, riuscivo a formulare nuove domande e a dirigere la mia ricerca in modo molto più preciso.

Non è che, considerato che c’è sempre qualcuno che ne sa più di noi o sa far meglio di noi, allora lo lasciamo parlare o fare al posto nostro. È come se Leopardi dopo aver letto Dante se ne fosse uscito con un «Proprio bravo questo Dante» e, chiuso il libro, fosse tornato a passeggiare “sull’ermo colle”. Oppure vi immaginate Galileo, soddisfatto del bel 10 che si è preso dal suo prof dopo avergli spiegato per bene tutto il sistema Tolemaico, che smette di osservare stelle e pianeti? Non me lo vedo un uomo o una donna che rinunciano a cercare e ad apprendere. Anche perché conoscere non è fine a sé stesso: serve per spiegare, meglio che si può, ciò che ci sta attorno, quello che accade, cosa fare e a cosa puntare. Magari incrociare le conoscenze per trovare risposte o creare qualcosa di nuovo, l’intelligenza artificiale lo sa fare meglio. Ma son le conoscenze che facciamo nostre e che incastriamo tra loro a formare quel disegno unico che parla di noi, di ciò che siamo: un disegno così speciale che, seppure nessun algoritmo di ChatGPT avrà anche un solo minimo sussulto, a guardarlo si emozioneranno uomini e angeli.

IMP. ITALIA Ottobre_01_SANTONIO