Papa Francesco: “Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla”

“Guardiamo la Chiesa come fa lo Spirito, non come fa il mondo”. È l’invito del Papa, che per la solennità di Pentecoste è tornato a celebrare la messa all’altare della cattedra con concorso di popolo – circa 50 fedeli – dopo le misure restrittive imposte dal coronavirus. “Il mondo ci vede di destra e di sinistra; lo Spirito ci vede del Padre e di Gesù”, ha spiegato Francesco: “II mondo vede conservatori e progressisti; lo Spirito vede figli di Dio. Lo sguardo mondano vede strutture da rendere più efficienti; lo sguardo spirituale vede fratelli e sorelle mendicanti di misericordia”. “Lo Spirito ci ama e conosce il posto di ognuno nel tutto”, ha proseguito il Papa: “per Lui non siamo coriandoli portati dal vento, ma tessere insostituibili del suo mosaico”. “Nel mondo, senza un assetto compatto e una strategia calcolata si va a rotoli”, ha osservato Francesco: “Nella Chiesa, invece, lo Spirito garantisce l’unità a chi annuncia”. “Il segreto dell’unità, il segreto dello Spirito è il dono”, e da come intendiamo Dio dipende il nostro modo di essere credenti: “Se abbiamo in mente un Dio che prende e si impone, anche noi vorremo prendere e imporci: occupare spazi, reclamare rilevanza, cercare potere. Ma se abbiamo nel cuore Dio che è dono, tutto cambia”. Tre i nemici da sconfiggere: “il narcisismo, il pessimismo e il vittimismo”, grandi pericoli anche in questo tempo di pandemia. “Perché peggio di questa crisi, c’è solo il dramma di sprecarla, chiudendoci in noi stessi”.

“Lo Spirito Santo è quell’uno che mette insieme i diversi; e che la Chiesa è nata così: noi, diversi, uniti dallo Spirito Santo”, esordisce così il Papa, ricordando che tra gli apostoli “c’è gente semplice, abituata a vivere del lavoro delle proprie mani, come i pescatori, e c’è Matteo, che era stato un istruito esattore delle tasse. Ci sono provenienze e contesti sociali diversi, nomi ebraici e nomi greci, caratteri miti e altri focosi, visioni e sensibilità differenti. Gesù non li aveva cambiati, non li aveva uniformati facendone dei modellini in serie. Aveva lasciato le loro diversità e ora li unisce ungendoli di Spirito Santo”.

“Anche tra noi ci sono diversità, ad esempio di opinioni, di scelte, di sensibilità”, la fotografia della Chiesa di oggi: “La tentazione è sempre quella di difendere a spada tratta le proprie idee, credendole buone per tutti, e andando d’accordo solo con chi la pensa come noi. E’ questa  una brutta tentazione, che divide”.  

“Torniamo al giorno di Pentecoste e scopriamo la prima opera della Chiesa: l’annuncio”, l’invito: “Gli apostoli non preparano una strategia, non hanno un piano pastorale. Avrebbero potuto suddividere la gente in gruppi secondo i vari popoli, parlare prima ai vicini e poi ai lontani… Avrebbero anche potuto aspettare un po’ ad annunciare e intanto approfondire gli insegnamenti di Gesù, per evitare rischi… No. Lo Spirito non vuole che il ricordo del Maestro sia coltivato in gruppi chiusi, in cenacoli dove si prende gusto a ‘fare il nido’. Questa è una brutta malattia, che può rovinare la Chiesa: la Chiesa non comunità, non famiglia, non madre, ma nido”.

“Ci sono tre nemici del dono, sempre accovacciati alla porta del cuore: il narcisismo, il vittimismo e il pessimismo”, conclude il Papa. “Il narcisismo fa idolatrare sé stessi, fa compiacere solo dei propri tornaconti”, spiega: “Il narcisista pensa: ‘La vita è bella se io ci guadagno’. E così arriva a dire: ‘Perché dovrei donarmi agli altri?’”. “In questa pandemia, quanto fa male il narcisismo, il ripiegarsi sui propri bisogni, indifferenti a quelli altrui, il non ammettere le proprie fragilità e i propri sbagli”, esclama Francesco. Ma anche il secondo nemico, il vittimismo, è pericoloso: “Il vittimista si lamenta ogni giorno del prossimo: ‘Nessuno mi capisce, nessuno mi aiuta, nessuno mi vuol bene, ce l’hanno tutti con me!’. E il suo cuore si chiude, mentre si domanda: ‘Perché gli altri non si donano a me?’”. “Nel dramma che viviamo, quant’è brutto il vittimismo!”, il commento del Papa: “Pensare che nessuno ci comprenda e provi quello che proviamo noi”. Nel pessimismo, infine, “la litania quotidiana è: ‘Non va bene nulla, la società, la politica, la Chiesa…’. Il pessimista se la prende col mondo, ma resta inerte e pensa: ‘Intanto a che serve donare? È inutile’”. “Ora, nel grande sforzo di ricominciare, quanto è dannoso il pessimismo, il vedere tutto nero, il ripetere che nulla tornerà più come prima!”, denuncia Francesco: “Pensando così, quello che sicuramente non torna è la speranza. In questi tre – il ‘dio specchio’, il ‘dio lamentela’ e il  ‘dio negatività’, ci troviamo nella carestia della speranza e abbiamo bisogno di apprezzare il dono della vita, il dono che ciascuno di noi è. Perciò abbiamo bisogno dello Spirito Santo, dono di Dio che ci guarisce dal narcisismo, dal vittimismo e dal pessimismo. Ci guarisce dallo specchio, dalle lamentele e dal buio. Perché peggio di questa crisi, c’è solo il dramma di sprecarla, chiudendoci in noi stessi”.

 

Agensir