E se smettessimo di fingere?

Le buone intenzioni per rispondere al sempre più preoccupante affanno del clima e dell’ambiente si sono misurate al G20 tenutosi a Napoli nei giorni scorsi con la complessità del tema e con la fragilità di una politica mondiale.
Alcuni risultati sono stati raggiunti, compreso l’aiuto ai Paesi poveri per far fronte alle loro difficoltà, ma Cina e India non hanno firmato due punti importanti: decarbonizzazione e riduzione del riscaldamento globale. La svolta deve essere rinviata.

Un passo è stato compiuto ma il tempo a disposizione per compierne altri decisivi per il futuro del pianeta non è molto, occorrerà intensificare gli sforzi per un’intesa internazionale in grado di sciogliere i nodi politici e commerciali. Non si può perdere tempo.
Sullo sfondo del G20 erano le alluvioni in Germania, in Cina, in India, gli incendi forestali negli Stati Uniti e i non irrilevanti disastri regionali.

In questo tempo estivo il maggior contatto con la natura potrebbe indurre l’opinione pubblica a rendersi conto che per mantenere vivo un bene così prezioso occorre essere più seri nelle valutazioni, più efficaci nelle scelte, più decisi negli impegni.
Si sono spalancate le prospettive dell’elettrico e del solare ma per realizzarsi efficacemente esigono passi avanti anche in altre direzioni. Occorre prendere coscienza – afferma lo scrittore statunitense Jonathan Franzen – che “la terrà è già in fiamme e dovremmo pensare a come sopravvivere. Bisogna sapere che le temperature continuerebbero a salire anche se oggi portassimo le emissioni a zero”.

L’appello è a prendere coscienza che mentre si deve procedere nella direzione indicata dal G20 non si può segnare il passo in un’altra: gli accordi internazionali su clima e ambiente devono declinarsi con la responsabilità di una comunità locale per la protezione dei boschi, la difesa del suolo, la condivisione di stili di vita intelligenti. Se di fronte ai tavoli internazionali il cittadino potrebbe sentirsi piccolo e impotente nel territorio in cui vive può fare qualcosa di concreto e di incisivo, può costruire alleanze nella lotta contro l’avvelenamento del pianeta.

Occorre, scrive Franzen, smettere di fingere che il futuro del pianeta dipenda solo da alcuni e da alcune scelte.
Non è cosa da poco vigilare, prendere la parola e assumere impegni nel proprio territorio per ridurre il consumo del suolo, per riprendere la cura dei boschi, per mettere in sicurezza l’impianto idrogeologico, per riscoprire il valore della casa comune. Neppure, ad esempio, è poca cosa riflettere sulla grande spinta della tecnologia e dei mercati verso l’auto elettrica per chiedersi se si potrà viaggiare in una terra devastata dal fuoco e dall’acqua.

 

Paolo Bustaffa
Agensir