Anno 134 - Aprile 2022

Segnàti dalla forza della Croce

suor Marzia Ceschia

L’itinerario che la Chiesa ci accompagna a percorrere preparandoci alla solennità della Pasqua del Signore è la possibilità di assumere interiormente in maniera sempre più profonda il mistero della Passione, Morte, Resurrezione di Gesù, per viverne gli esiti nella nostra esistenza. L’esperienza di tanti santi ci è di esempio e di stimolo. Intensa è l’esperienza di una grande mistica e santa, la terziaria francescana Angela da Foligno (1248-1309), il cui cammino spirituale – che ella detta al suo confessore nel Memoriale – si sviluppa tutto tra due poli in continua relazione: la conoscenza di sé e la conoscenza della croce.

La santa trae dal Crocifisso la direzione del proprio percorso che è, come lei stessa afferma, un “andare alla croce”, ma anche, nel contempo, un lasciarsi trasformare dal costante contatto con il “Dio umanato e passionato”, il “Tutto del Bene”. Angela dinanzi alla Croce sente Dio, ne percepisce la Presenza in tutta la sua persona, se ne lascia compenetrare. Intraprende il suo cammino attraverso la penitenza, sollecitata da una consapevolezza illuminata del proprio peccato, in un iniziale, lacerante sentimento di vergogna e di dolore, procedendo da un tempo in cui guardare alla croce è “insipido” a una fase nella quale la memoria della compassione del Cristo crocifisso sollecita il passaggio dal dolore all’amore.

Come per Francesco d’Assisi, la Croce è il libro da leggere, meditare, sul quale fissare ogni attenzione per entrare nella logica dell’amore smisurato del Signore. È tale coscienza non solo a sorprendere con un volto di Dio inimmaginabile secondo gli schemi di giustizia e meritocrazia umani, ma anche a ricollocare l’uomo in una dignità inattaccabile, nonostante la sua fragilità, il suo peccato. Dinanzi al Crocifisso ciascuno di noi ricomprende il proprio valore, ma anche il valore di ogni fratello, «uno per il quale Cristo è morto!» (Rm 14,15).

Angela contemplando il Crocifisso è pervasa di gioia perché coglie, nell’estremo paradosso di un Dio crocifisso, la dismisura dell’amore, non un amore astratto, ma un amore che ha “carne”, assolutamente concreto, tale da incidere profondamente ogni vicenda umana: «Una volta ero ai vespri e stavo guardando la croce, ma guardando il Crocifisso con gli occhi del corpo, subito, all’istante l’anima si accese d’amore, e tutte le membra del corpo provavano un senso di grandissima letizia. Così vedevo e sentivo che Cristo dentro di me abbracciava l’anima con quel braccio con cui fu crocifisso, e questo avvenne allora o poco dopo.

E con lui godevo di tanta letizia e sicurezza che abitualmente non avevo mai avuto. E da allora all’anima rimase quella letizia, con la quale l’anima comprendeva in quale stato quell’uomo, Cristo, sta in cielo, voglio dire che con essa vediamo la nostra carne che è una unione fatta con Dio. E questa singolare gioia appartiene all’anima molto meglio di quanto si possa scrivere o narrare. [...] E ho una grande sicurezza in Dio, cosicché se tutti gli uomini dicessero che in quel caso potrei dubitare, non ci crederei».

Può capitare che arriviamo alla celebrazione del Triduo Pasquale come assuefatti al mistero, senza esserci chiesti che cosa quanto celebriamo ci comunica di Dio, dell’uomo, della storia, che conseguenze ha sulla nostra vita, quali tracce di una tale incommensurabile passione per l’umanità riscontriamo nelle nostre esistenze e come ne adottiamo noi stessi la logica. Viviamo segnati concretamente «nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Gal 2,20)? Nel suo itinerario Angela riceve una straordinaria conferma direttamente da parte dello Spirito Santo: «metto dentro di te la croce e l’amore di Dio e questo segno te lo porterai in eterno».

Tale “marchio” è anche in ciascun battezzato, è la garanzia che le tensioni drammatiche dell’esistenza – gioia-dolore, vita-morte, odio-perdono – hanno una soluzione in Colui che ha vinto il male, non con la violenza, non con il potere, ma con il dono di se stesso. Segnati dal Dono veniamo alla luce nella Pasqua come creature nuove, liberate. «E allora l’anima», confida Angela, «si accende di amore e in certo modo considera la passione del corpo di Cristo come la regola dell’amore della divinità.

E ancora viene detto all’anima che, “poiché Dio ha fatto per te tutte le cose suddette e volle nascere per te, vale a dire, si abbassò per te a tanta infamia e miseria”, conviene altrettanto che l’anima nasca a Dio e muoia a sé quanto a vizi e peccati, che significa ascendere alla grande dignità». Nella Pasqua sfolgora non solo la potenza di Dio che ama, ma anche la bellezza, l’autentica dignità, dell’uomo amato e salvato nell’amore.

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