Anno 134 - Aprile 2022Scopri di più

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Guardate: la pietra è già rimossa

suor Anna Maria Borghi

Chi ha la grazia di pellegrinare in presenza – come si usa dire oggi – alla tomba di Sant’Antonio, viene sorpreso dall’incanto del quarto altorilievo, in particolare dalle tre figure femminili che ne costituiscono il nucleo centrale. Il primo volto che “accoglie” il pellegrino è quello della donna anziana, figura tra le tre più imponente. Anche contemplandone l’immagine è comunque lei ad attirare l’attenzione per condurre, attraverso lo sguardo, i panneggi, la posizione delle mani, alla donna accanto a lei e quindi alla giovane deposta a terra, inerme e senza vita.

Tre donne, tre fasi “normali” della vita... qualcosa però non va! Ci aspetteremmo di trovare un “ordine diverso”... se della morte si può dire che abbia a che fare con l’“ordine”, almeno ci aspetteremmo che “più normalmente” fosse l’anziana al posto della giovane! Ma purtroppo accade spesso che le circostanze della vita sconfessino la sua bellezza promettente. Così narra anche l’episodio raffigurato nell’opera: una bimba, di nome Eurilia, cade in un fossato. La madre con l’aiuto di un uomo – il giovane sulla destra con il lungo bastone – trae dal fango la figlia, ormai senza vita.

La tragedia sembra non avere alternative allo strazio, che si legge anche nei volti delle altre persone accanto, in particolare della donna alle spalle delle tre, che sembra come gridare muta, in quell’afferrarsi il grembo e il seno, lo scandalo di una maternità strappata, quasi violentata. Solo la supplica e il voto a Sant’Antonio da parte della madre le concederanno la grazia, possibile unicamente al Dio della Vita, di veder rianimare la figlia.

L’altorilievo rappresenta tuttavia il momento antecedente al miracolo... forse a suggerire al pellegrino che anche quando le circostanze sembrano non mutare non solo è conveniente continuare a chiedere con insistenza, animati dalla fiducia nel Signore e nei suoi Santi, ma anche che è comunque possibile veder mutare il nostro cuore, reso capace di accogliere la pace della confidenza totale nel Signore, la consolazione di sapere che Lui è accanto, conforta, sostiene il paradosso di una vita promettente anche dentro la morte.

E lo sappiamo bene che ciò non può essere opera nostra: come le donne, che la mattina della Pasqua vanno al sepolcro pur sapendo che era stata posta una pietra troppo pesante per essere da loro sollevata, così anche noi conosciamo fin troppo bene che la morte pone un limite che non ci è dato di varcare con le nostre forze. Anche Sant’Antonio, commentando l’episodio evangelico, rincuora e incoraggia: «avvicinatevi e guardate, non siate diffidenti e vedrete che la pietra è già rimossa. “Un angelo – dice Matteo – discese dal cielo e rimosse la pietra: e ora stava seduto su di essa” (Mt 28,2).

L’angelo è la grazia dello Spirito Santo che rimuove la pietra dalla porta del sepolcro, sostiene la nostra fragilità, mitiga ogni asprezza e addolcisce con il balsamo del suo amore ogni amarezza». Per l’intercessione di Sant’Antonio, allora, tenacemente invochiamo anche noi lo Spirito perché “faccia rotolare via” dal nostro cuore quelle grosse pietre che impediscono alla vita di fluire comunque, anche e soprattutto quando le circostanze sembrano metterla all’angolo, sembrano decretarne un limite invalicabile... non da Dio, certamente!

È proprio tale consapevolezza che possiamo continuare ad alimentare, partecipando alla Pasqua di Gesù anche grazie al tempo liturgico che la Chiesa ogni anno ci dona di vivere: veniamo immersi, proprio come in un battesimo, nel mistero della Sua vita totalmente consegnata e pienamente restituita nuova, affinché anche le nostre morti siano raggiunte dalle forze della Vita per la potenza del medesimo Suo Spirito effuso dalla croce, unico “bastone” capace di strapparci da acque mortali.

E sia anche l’altorilievo, che contempliamo in questo mese, testimone che ciò a Dio è possibile!... e chi è più avanti negli anni, come l’anziana dell’opera, possa assicurare a chi è giovane che le profonde rughe non sono solo il segno del tempo che passa, ma della Vita che scava sempre il suo solco per far germogliare nel cuore la gratitudine per avere visto miracoli.