Anno 137 - Luglio-Agosto 2025Scopri di più
Antonio e l’àncora della misericordia
suor Mary Melone

L'attenzione che Antonio di Padova dedica continuamente alla misericordia mette in risalto, naturalmente, non solo il significato che essa ha dalla parte di Dio, ma anche quello che assume dalla parte dell’uomo. Antonio, infatti, non si limita a evocare la molteplicità di significati che la misericordia di Dio ha nei confronti dell’uomo, lasciando intravedere il desiderio di Dio di riammettere l’uomo alla comunione con Lui perdonandogli il peccato, ma richiama anche ognuno di noi a essere consapevole della responsabilità che comporta l’essere raggiunti dalla misericordia di Dio.
Essa è infatti un dono e nella logica di Dio ogni dono diventa impegno a condividere con gli altri ciò che sì è ricevuto gratuitamente. Perciò, chi è stato perdonato da Dio, non può negare il perdono a chi gli è debitore, in un modo o nell’altro, né può negare la misericordia al prossimo chi è rinato alla vita e alla gioia grazie alla misericordia di Dio. Per questa ragione Antonio dedica alcuni passaggi dei suoi Sermoni a descrivere come si può configurare concretamente l’essere misericordiosi e, tra questi passaggi, il primo che vogliamo prendere in considerazione è quello in cui compare l’idea dell’àncora.
Antonio sta commentando, parola per parola, un brano della Prima Lettera di Pietro (3, 8-9): «Siate tutti concordi, compassionevoli a vicenda, animati da affetto fraterno, misericordiosi, modesti, umili; non rendete male per male, né ingiuria per ingiuria, ma, al contrario, rispondete benedicendo, poiché a questo siete stati chiamati per avere in eredità la benedizione». La sua attenzione è focalizzata sulle dimensioni della penitenza, che consente al peccatore di superare le conseguenze che il peccato lascia in lui. Poiché il contesto in cui si sviluppa il commento è quello del brano evangelico della pesca dei discepoli, Antonio descrive colui che fa penitenza attraverso l’immagine della barca che viene guidata dalla carità reciproca e dall’affetto fraterno, che fungono da timone, mentre è resa stabile da quell’ancora che è la misericordia.
«“Animati da affetto fraterno”: ecco il timone. Come infatti il timone tiene la barca nella giusta direzione e non le permette di deviare, ed esso costituisce lo strumento essenziale per condurre in porto la barca, così l’amore fraterno guida la comunità dei fedeli affinché non devii, e la conduce al porto della sicurezza: perché dov’è carità e amore, lì c’è anche la comunità dei santi. “Misericordiosi”: ecco l’àncora. Àncora suona quasi come anca, cioè curva. Infatti, come l’àncora con la sua curvatura prende, e mentre prende è presa, e quando è presa trattiene la barca, così la misericordia, quando dal profondo del cuore cattura il prossimo, dal prossimo è catturata, e mentre trattiene viene anche trattenuta, mentre lega viene legata. E da questo legame la barca, cioè l’anima, non viene più scossa dalla sicurezza della sua pace né dalle onde della tentazione né dai venti delle suggestioni diaboliche» (Sermone per la V dom. dopo Pentecoste, 7).
La spiegazione della funzione dell’àncora attraverso il riferimento all’anca è fondata semplicemente sulla vicinanza del suono, ma consente all’autore di sfruttare l’idea della curvatura per descrivere ciò che gli sta a cuore e cioè che essere misericordiosi garantisce la stabilità della pace e mette in salvo dai turbamenti della tentazione. La misericordia, infatti, crea una relazione profonda con il prossimo, perché chi compie opere di misericordia, mentre si prende cura dell’altro, suscita allo stesso tempo nell’altro il desiderio di ricambiare il bene e la cura di cui è stato oggetto. È questa relazione di reciprocità che assicura la pace al cuore e lo rende sereno e libero anche da tutti quei sentimenti negativi che la tentazione, la superbia e l’egoismo possono suscitare.