XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C
Dal vangelo di Luca
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Farisei o pubblicani?
Due tipologie di persone che non fanno una bella figura nei vangeli. E anche nel linguaggio comune sono termini dispregiativi. Essere fariseo significa essere falso e non coerente; essere pubblicano significa essere esoso e peccatore. Forse nessuno delle due figure ci appartiene. Ma ciò che conta non è l’etichetta appiccicata dagli uomini, ma il modo di relazionarsi con Dio. Nei suoi confronti nessuno di noi è a posto; nessuno può vantare qualcosa; e anche quando fossimo ligi alle sue regole non sta a noi giustificarci. Sarebbe un atto di superbia ritenerci santi davanti a Dio. La consapevolezza della nostra distanza dal Signore ci fa avvicinare maggiormente a Lui.

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