Papa in Romania. Un messaggio di fraternità

“Questa visita di Papa Francesco si pone in continuità con la visita di Giovanni Paolo II nel 1999. Come allora, anche oggi si respira la stessa atmosfera perché ad accogliere oggi Francesco è lo stesso popolo. Un popolo che si può definire con due parole-chiave: ospitalità e accoglienza”. È padre Teleanu Bogdan-Aurel, dell'Ufficio stampa del Patriarcato ortodosso romeno, a descrivere l’atmosfera che si respira anche nel mondo ortodosso in occasione della visita di Papa Francesco in Romania. Il Papa sarà ricevuto nel palazzo patriarcale romeno il giorno stesso del suo arrivo a Bucarest il 31 maggio e incontrerà in privato il Patriarca Daniel e subito dopo il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa romena. Poi sarà ricevuto nella cattedrale nazionale dove ci sarà una preghiera al centro della quale si è scelto il Padre Nostro. “Il nostro Patriarca Daniel – spiega il religioso - era presente quando venne in Romania Giovanni Paolo II. Conosce molto bene il mondo occidentale europeo e anche la Chiesa romano cattolica. È molto aperto a questo dialogo e a questo sentimento di ospitalità. Accoglierà il Papa con questo stato d’animo”.

Era il 9 maggio 1999, esattamente venti anni fa, quando dal parco Podul Izvor di Bucarest, al termine della celebrazione eucaristica presieduta da Papa Wojtyla, alla presenza del patriarca Teoctist, cattolici e ortodossi elevarono inaspettato un grido: Unitate, unitate" (unità, unità). Quelle immagini oggi sono rimaste nella storia, insieme al viaggio di un Papa - Giovanni Paolo II – che per la prima volta visitava un Paese a maggioranza ortodossa. Anche allora padre Teleanu Bogdan-Aurel lavorava per l’ufficio stampa. Ricorda molto bene quel momento. “Fu un messaggio forte di unità”, racconta. “Ricordo che la piazza stava intonando un canto salmico della tradizione romena quando si unì quel grido, ‘unitate’.
Questa simbiosi della gente che gridava unità e la gente che cantava, ‘Dio (è) con noi!’, è stato un momento bello.
Ricordo anche molto bene la Divina Liturgia, celebrata dal Patriarca Teoctist nella Piazza Unirii insieme ai membri del Santo Sinodo e alla presenza del Papa e l’abbraccio tra Giovanni Paolo II e il Patriarca. Mi colpì la loro età, mi sembrava il segno di una infinita saggezza”. Salutando la Romania, nel suo discorso di congedo Giovanni Paolo II disse: “Voi che vi siete liberati dall'incubo della dittatura comunista, non lasciatevi ingannare dai sogni fallaci e pericolosi del consumismo. Anch'essi uccidono il futuro. Gesù vi fa sognare una Romania nuova, una terra ove l'Oriente e l'Occidente possano incontrarsi con fraternità. Questa Romania è affidata alle vostre mani. Costruitela assieme, con audacia. Il Signore ve l'affida”. Ma non finì così. Nel 2002, il Patriarca Teoctist ricambiò la visita andando a trovare a Roma Giovanni Paolo II e, in quella occasione, i due leader religiosi firmarono una “Dichiarazione congiunta” in cui ribadivano l’impegno a “pregare e operare per giungere alla piena unità visibile di tutti i discepoli di Cristo. Il nostro scopo e il nostro desiderio ardente è la comunione piena, che non è assorbimento, ma comunione nella verità e nell’amore. È un cammino irreversibile, che non ha alternative: è la via della Chiesa”.

Sono passati 20 anni e quell’aspirazione all’unità è “una priorità nell’agenda di tutte le istituzioni, non solo religiose”, commenta padre Teleanu Bogdan-Aurel. Si tratta però di un traguardo difficile da raggiungere.
“La difficoltà siamo noi. Noi con i nostri peccati, il nostro individualismo, la secolarizzazione”.
E aggiunge: “Apprezziamo molto il messaggio di Papa Francesco per la fraternità. Lo abbiamo ricevuto e siamo impegnati sulla stessa linea. Il mondo è alle prese con tanti problemi, con la povertà e le conseguenze della povertà nella vita delle persone. Tutti siamo chiamati a lavorare per l’unità di tutto il genere umano, per la solidarietà, per la pace”. Il religioso racconta quanto la Chiesa ortodossa di Romania è impegnata soprattutto a stare vicino e sostenere le famiglie, prendendosi cura soprattutto dei bambini che rimangono soli nel Paese perché le loro mamme e i loro papà sono obbligati ad andare all’estero per lavorare e mandare i soldi a casa. Li chiamano gli “orfani bianchi”: secondo le stime, sarebbero 350mila, di cui più di un terzo (126mila) sarebbero stati privati di entrambe i genitori e 400mila avrebbero sperimentato, per un periodo della loro vita, una forma di solitudine. Quindi
su 5 milioni di bambini romeni sarebbero 750mila quelli colpiti più o meno violentemente dalla partenza dei loro genitori.
C’è poi anche il fenomeno delle migrazioni che comincia anche qui a bussare alle porte delle parrocchie. Che parola vi attendete da Papa Francesco? “In questo momento, tutti - cattolici e ortodossi - abbiamo bisogno di coraggio”, risponde padre Teleanu. “Ricordo le parole di Giovanni Paolo II: non abbiate paura. Questo messaggio credo che sia ancora oggi il fondamento dell’unità e la via perché i cristiani possano portare frutti di pace e solidarietà nel mondo e nel nostro Paese”.

(M. Chiara Biagioni - Agensir)