L’energia che rinnova? Nel cuore dei giovani

energia solare in africa

Cambiamento climatico, riscaldamento globale, alluvioni, conflitti. Ma Federico continua a lavorare per realizzare il suo sogno: «Essere utile e a fine giornata avere il cuore pieno!».

Ha 25 anni, occhi luminosi e un sorriso pacificante. Federico è in questi mesi in Burundi. Un “wazungo”, uomo bianco, come lo chiamano lì, sulle sponde del Lago Tanganica. Affianca una ONG Italiana per realizzare il Programme resilience. «Seguo l’installazione e la formazione dei beneficiari di alcune installazioni fotovoltaiche a scopo produttivo in zone rurali del Burundi, dove l’elettricità non arriva: mulini solari, decorticatrici o pompe solari, essenziali per l’economia di un paese fortemente dipendente dalla stagionalità delle piogge, per coltivare anche dove, durante la stagione secca, risulterebbe impossibile. Ho provato a svolgere sia la tesi che il tirocinio in un’azienda già presente nel settore in cui vorrei lavorare. Così ho iniziato a mandare mail e in poco tempo mi sono ritrovato in una start-up italiana professionale, esperta e, soprattutto, umana. Sto imparando tanto e mi sento in un ambiente estremamente attento non solo alle dinamiche lavorative, ma anche sociali e personali, che riesce a portare avanti progetti a un livello altissimo senza trascurare l’importanza del dialogo e della condivisione».

L’amore per il creato, lo spirito di servizio
Una scelta che viene da lontano. «Questo percorso è nato e cresciuto con me. Fin da piccolo i miei genitori mi hanno portato con loro, già in passeggino, alle gite con la Lipu (Lega italiana protezione uccelli), un ambiente che ha da subito creato un legame di rispetto, amore ed empatia verso la natura. Durante le elementari le maestre Claudia e Maria Teresa, che porto nel cuore, hanno sottolineato l’importanza delle relazioni e dell’impronta che ciascuno di noi ha sulla flora e la fauna. Lavoretti, lezioni e attività che in quei cinque anni hanno portato avanti con pazienza, ma soprattutto con tanto amore! E poi il ruolo della parrocchia, dove ho conosciuto il grandissimo dono del servizio, ma soprattutto due immense maestre di vita: l’umiltà e la gratuità. Sarebbe riduttivo limitarlo alla sola parrocchia di San Nicola di Bari a Ostia, perché la bellezza della Chiesa è proprio nella sua universalità che ho ritrovato negli incontri fatti nel centro estivo da animatore, nei campi estivi da “animato”, nel gruppo giovani, nella marcia francescana, nella GMG a Rio del 2013, nel viaggio in Colombia o in Albania, così come al centro di Roma, alle “Dieci Parole” di don Fabio Rosini. E forse è proprio lì che è sbocciato il fiore, piantato tempo prima da tutte le persone incontrate, in una frase detta da un amico, oggi per me importantissima: “Se non servo, a che servo?”. In quel periodo già frequentavo la triennale all’università “La Sapienza” di Roma. In fondo l’avevo scelta proprio pensando a questi “sistemi rinnovabili in paesi in via di sviluppo”. La magistrale quindi al Politecnico di Torino, tassello fondamentale per rafforzare la mia preparazione tecnica e pratica».

La ricchezza della diversità e la preziosità dell’incontro
Così Federico è arrivato a giugno in Burundi. «I luoghi sono pazzeschi. Tre i colori dominanti: il celeste del cielo, il rosso delle strade sterrate e dei mattoni delle case dal tetto rigorosamente in lamiera, e il verde della vegetazione. Ho la fortuna di passare moltissimo tempo in zone rurali e vivere in paesini in cui trovare altri wazungu - come chiamano noi bianchi - è praticamente impossibile al contrario della capitale. Le strade sono piene solamente di persone che si muovono a piedi da un centro abitato a un altro portando cesti, fasci di rami, sacchi di grano o taniche unicamente con la testa. Le donne indossano vestiti coloratissimi con i loro bimbi avvolti in un telo sulla loro schiena. Poi la bellezza e la varietà dei mercati settimanali nei villaggi». «Loro poi che scoprono me, con la stessa curiosità con cui io guardo al loro modo di vivere la vita, di sbucciarsi la canna da zucchero col machete o di giocare con palle da calcio improvvisate con intrecci di erbe e rami. Non credo di aver mai stretto così tante mani in vita mia. Ho dei colleghi fantastici che non mancano mai di farmi sentire a casa e che mi portano in tutti i locali dei paesini a mangiare mucopo (carne di maiale), brochette (spiedini), banane fritte; il tutto accompagnato da una buona birra locale». Un tempo diverso, con altri ritmi, altre durate. «Tutto è più lento, qualsiasi azione impiega il doppio se non il triplo per essere svolta. Si parte ogni giorno alle 7.30 sapendo che di sicuro qualcosa succederà per rendere il lavoro più divertente. È davvero bello – confida Federico – lavorare con amore, viaggiare per scoprire persone, abitudini e culture così diverse dalla nostra. La ricchezza che dona è imparagonabile e ancor più grande è la libertà che si sente nel vivere il mondo senza confini, libertà che dovremmo meritare tutti, non solo pochi “privilegiati”. Una delle difficoltà che provo di più è proprio il non poter dire agli amici che ho qui di venirmi a trovare a casa. La speranza più grande è essere in qualche modo utile per migliorare anche questo aspetto». Costruire un cambiamento resta possibile. «Il ruolo dei giovani è fondamentale – sottolinea Federico – L’istruzione e la crescita di professionisti è essenziale. Il progetto è finito bene solo se chi lo promuove se ne va e chi rimane è capace di gestirlo. Non si tratta solo di saper accendere o pulire un mulino, è importante che la ditta che installa comprenda l’importanza della regola d’arte e che chi fa parte delle cooperative gestisca il mulino e l’energia del sole per una crescita economica regolandosi con i competitor e con le strategie stagionali. In tutto questo i giovani rappresentano proprio quel bacino di conoscenze e interesse necessario alla crescita e alla gestione».

Comprendere il bisogno, rispondere con la vita
«Mi sento nel bel mezzo del mio sogno. Un lavoro interessantissimo, che unisce il mondo dell’ingegneria con quello della cooperazione e dello sviluppo. Un mondo in continua evoluzione, quello delle energie rinnovabili, che chiede un continuo adattamento delle soluzioni ai problemi che ci si trova davanti. Dall’altro: l’aspetto umano, sociale, che fa crescere sia me che chi mi sta attorno. Sicuramente il mio domani lo vedo in queste esperienze, dove c’è bisogno e dove posso servire, perché: se non servo, a che servo?».

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Laura Galimberti