Il difficile compito della scuola

ritorno a scuola 2022

Uno dei punti dolenti del sistema di istruzione italiano è segnalato da molti nella forte dispersione scolastica. Non c’è esclusivamente una dispersione esplicita – grave ed evidente – la quale mostra la quota di ragazze e ragazzi che decidono di lasciare lo studio e non terminare il percorso che hanno intrapreso. In Europa l’Italia ha la percentuale più alta (12,7%) dopo Spagna (13,3%) e Romania (15,3%). C’è anche una dispersione implicita – meno visibile ma sempre molto grave – la quale conta gli studenti che terminato il loro percorso non hanno raggiunto un adeguato livello di competenze, che in Italia nel 2021 rappresenta il 9,7% di quanti hanno superato gli esami di maturità.

Secondo alcuni dati di Fondazione Con I Bambini descritti da OpenPolis la consistenza della dispersione implicita è anche una conseguenza del lockdown dovuto alla pandemia. I dati fino al 2019 erano in diminuzione, si era arrivati al 7,5% con la pandemia si è avuto un abbassamento dei livelli raggiunti dagli studenti e questa ha inciso soprattutto su quelli che ottenevano i risultati più bassi: così avevano un livello inadeguato di competenze il 9,8% degli studenti usciti dalle superiori nel 2020 e sono rimasti su quelle percentuali gli studenti usciti nell’anno successivo.

Se però si osservano i dati con una lente di ingrandimento si scopre che mentre tra gli studenti provenienti da famiglie di un livello socio-economico-culturale medio alto la percentuale di dispersione implicita è del 5,6%, tra gli studenti provenienti da famiglie con un livello socio-economico-culturale basso la percentuale di dispersione implicita arriva al 12%. In questi dati di dispersione implicita si nasconde, infondo, la tentazione – che diventa di sistema e non di singoli insegnanti – di lasciare andare alcune persone, perché richiederebbero più impegno rispetto ad altri.

Tornano quanto mai attuali le parole di Lettera a una professoressa dei ragazzi di don Lorenzo Milani, nell’anno in cui si celebra il centenario della sua nascita, quando si parla di ragazzi poco coinvolti nelle lezioni: "L’abbiamo visto anche noi che con loro la scuola diventa più difficile. Qualche volta viene la tentazione di levarseli di torno. Ma se si perde loro, la scuola non è più scuola. È un ospedale che cura i sani e respinge i malati".

Andrea Casavecchia
Agensir