Dove la speranza trova casa

Santuario della Madonna del Divino Amore, Roma. Un piccolo cancello socchiuso introduce in un bel giardino curato. La veranda, pronta con tavoli e sedie, attende i bambini. Suor Gabriella, 78 anni, ci viene incontro. «La nostra è una casa famiglia. Accogliamo piccoli assegnati dal tribunale ai servizi sociali. Restano in base al tempo del progetto pensato per loro. Alcuni rientrano in famiglia, altri vanno in affido o adozione. Sono bambini come gli altri, bisticciano, fanno capricci, chiedono affetto». Una scala a chiocciola porta al primo piano. Ambienti luminosi, puliti e profumati. Toni pastello, peluche sui lettini e calore di casa. Alcuni sono intenti a giocare, altri completano i compiti. I più grandi giocano con i più piccoli. Suor Gabriella e suor Cristina non li lasciano mai. «Siamo sempre qui, dormiamo qui, mangiamo qui – confida – Il pomeriggio aiutano le operatrici e riposiamo un attimo». I piccoli restano anche per lunghi periodi. «Quando vanno via continuiamo a seguirli. Una volta l’anno organizziamo una festa e li invitiamo tutti. Vogliono ritrovare il luogo della loro crescita, vanno a cercare la loro stanza, il letto e lo mostrano alle famiglie adottive o affidatarie. Spesso con l’affido si formano bei legami tra la famiglia originaria e quella che accoglie. Una compensa l’altra. Ci si allea per loro».

Una realtà che ha origine nel dopoguerra. Nasce come orfanotrofio, poi dopo diversi anni la trasformazione in istituto femminile, per sostenere mamme in difficoltà. Un’opera di carità promossa dalle Figlie della Madonna del Divino Amore. «Nel 2002 siamo diventate casa famiglia per bambini dai 2 ai 12 anni». Tante le iniziative pensate per loro: il circo, la gita al mare, il luna park, alcuni giorni sulla neve. Nel 2009 il trasferimento nella nuova struttura sempre all’interno del Santuario: «Da allora ne abbiamo accolti una quarantina» spiega suor Gabriella nella casa da 24 anni. «Sentivo che dovevo aiutare gli altri. Volevo andare in clausura, per pregare per chi era lontano da Dio. Ma mio padre non voleva. Ho conosciuto allora le suore del mio paese e intrapreso la strada della vita da religiosa, insegnando nella scuola materna; quindi l’entrata in questo istituto».

Proprio al Santuario, sotto la guida di don Umberto Terenzi, cinque giovani romane avevano iniziato un’esperienza di vita comunitaria nel 1934. Un piccolo gruppo che diviene lievito, si moltiplica e dà vita a tante opere: un asilo, una scuola primaria, l’orfanotrofio femminile, un ambulatorio, un piccolo seminario, assistenza ai pellegrini e assistenza domiciliare ai malati della zona. Oggi sono trenta le opere di promozione delle attività didattiche, educative e assistenziali, con una particolare attenzione all’infanzia, agli adolescenti e agli anziani. Nel 1970 l’arrivo in America Latina: Colombia e Nicaragua. Ora le religiose sono presenti nelle Filippine, in India, in Perù, in Brasile, Colombia, Cile e Indonesia, impegnate nelle periferie per la promozione umana e spirituale.

Tra i corridoi della casa incontriamo Laura, educatrice, 35 anni. Da 12, subito dopo la laurea in pedagogia sociale, lavora nella casa famiglia. «Dobbiamo investire di più nella prevenzione, avere un’attenzione maggiore nelle scuole, spesso all’oscuro di tante situazioni. Sono importantissime le segnalazioni. Da un’attenta osservazione, da un dettaglio, possiamo risalire e intervenire con maggior tempestività e aiutare. Non basta fare psicoterapia a livello individuale – padre, madre, bambino – bisogna lavorare sul nucleo familiare».

Il giardino riecheggia di voci. Una squadriglia di guide, gli Scoiattoli del RM 12, adolescenti tra gli 11 e i 15 anni, sono venute a trovare i bimbi. Stanno proponendo loro tanti giochi all’aperto, una buona merenda, poi disegni e hanno portato loro in dono alcuni peluche. «Ci stiamo preparando a vivere il giubileo degli adolescenti, attraverso un percorso sulle opere di misericordia» spiega Chiara, la capo squadriglia, 15 anni. «Questi bambini ci stanno aiutando a riscoprire il valore della famiglia, per noi a volte scontato. Vivo in una famiglia numerosa, ma loro mi ricordano che non lo è mai abbastanza. C’è sempre la possibilità di fare spazio ad altri». Anche Elisa, 12 anni, ha gli occhi lucidi: «Spero davvero che non smettano mai di rinunciare ai loro sogni e che possano realizzarli, con l’aiuto di tanti».

È tempo di risalire in casa. I piccoli afferrano le mani della Speranza e, con i loro desideri ancora nel cuore, guardano con fiducia al futuro.

Laura Galimberti