Dalla parte degli ultimi

Don Lucio Nicoletto, missionario fidei donum di Padova e amministratore della diocesi brasiliana di Roraima, ci descrive le sfide e l’impegno messe in atto dalla comunità cristiana

La Diocesi di Roraima, nell’estremo Nord del Brasile, con i suoi circa 220.000 Km2 di estensione copre tutto il territorio dell’omonimo Stato brasiliano (cfr. la cartina geografica nella foto sotto). Si tratta di una superficie grande pari a circa tutta l’Italia senza isole, caratterizzata al suo interno da più volti e sfaccettature territoriali, sociali, etniche ed economiche. È uno Stato di frontiera (al confine con Venezuela e Guyana) e come tutte le zone di frontiera vive grandi sfide, anche sotto l’aspetto dell’illegalità e della violenza.

Don Lucio Nicoletto, missionario fidei donum di Padova e amministratore della diocesi di Roraima dall’agosto 2019, nel ringraziare l’Associazione Universale di Sant’Antonio per il sostegno dato al clero locale si sofferma a descriverci le sfide e l’impegno della sua comunità e condivide con noi alcune riflessioni sull’essere missionario. «Nella diocesi di Roraima abbiamo un numero molto piccolo di sacerdoti diocesani (solo otto). È molto importante quindi per la nostra diocesi essere in grado di contare sulla presenza di sacerdoti missionari, specialmente in contesti di prima evangelizzazione.

Il nostro dilemma sta anche nel cercare percorsi di autosostenibilità a vari livelli. Per questo stiamo lavorando molto con la pastorale così chiamata del “dizimo” o della “decima”: chiamare i fedeli a contribuire con una parte del loro stipendio (“decima parte” in senso simbolico) al mantenimento del tempio, allo stipendio del sacerdote, a tutto quello che è necessario per la catechesi, la liturgia, le opere pastorali. Un’altra sfida è la formazione, sia dei laici che del clero autoctono. Questo è il motivo per cui stiamo lavorando in comunione con tutte le famiglie religiose e i sacerdoti diocesani per un servizio di animazione vocazionale sempre più integrato al cammino di evangelizzazione.

Apparteniamo alla realtà dell’Amazzonia e come Chiesa ci sentiamo sospinti a promuovere e difendere la cura per la nostra “casa comune” di fronte a numerose minacce contro la biodiversità e l’ambiente di questo meraviglioso ecosistema. Le minacce più gravi sono il latifondismo e l’agrobusiness che uccidono la dignità delle popolazioni rurali e annullano qualsiasi incentivo all’agricoltura familiare; lo sfruttamento minerario con una crescente presenza di cercatori d’oro in miniere illegali che uccidono le popolazioni indigene con l’utilizzo di prodotti chimici usati per estrarre l’oro e i minerali preziosi.

È quanto sta succedendo con il popolo Yanomami, un popolo praticamente sterminato per impossessarsi illegalmente delle loro terre ricche di minerali preziosi. Ci sentiamo dunque sempre piú spinti a plasmare la nostra missione sulle parole che papa Francesco ci offre nell’enciclica “Laudato Si’”, consapevoli che “la sfida urgente di proteggere la nostra Casa Comune include la preoccupazione di unire l’intera famiglia umana alla ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale, perché sappiamo che le cose possono cambiare!” (LS 13).

Considerando la presenza di tanti missionari e missionarie, religiosi e laici, ci rendiamo sempre più conto di quanto importante e preziosa sia stata per noi la loro presenza e la loro opera e di quanto continui a esserlo. In modo particolare è doveroso ricordare che specie qui in Amazzonia molti missionari sono giunti con il Vangelo, lasciando i propri Paesi e accettando una vita austera e impegnativa vicino ai più indifesi... Concludo ringraziando ancora una volta quanti vorranno aiutarci con la loro preghiera e la loro generosità concreta per realizzare il sogno di Dio di portare a tutti la gioia del Risorto con la testimonianza della carità attraverso una presenza che sia segno e strumento di speranza qui in Amazzonia e in ogni angolo del mondo dove ci sia un cuore affamato e assetato di amore».

Il Brasile è un grande Stato... dalle grandi contraddizioni. La “piccola” Chiesa in Roraima è da sempre come un granello di sabbia all’interno dei meccanismi perversi del potere e dello sfruttamento nato già ai tempi dell’estrazione del caucciù. I monaci benedettini, a cui fu affidata l’allora prelatura apostolica nel 1907, già nel 1914 dovettero fare i conti con l’ostilità dei fazendeiros, i grandi proprietari terrieri provenienti dal Sud che avevano messo in atto sistemi di sfruttamento verso le popolazioni locali. Da lì nasce un odio latente nei confronti della Chiesa che ha sempre avuto il coraggio di schierarsi concretamente dalla parte dei più poveri, sulla base del Vangelo. Oggi si verificano meno episodi di violenza, ma aumentano discredito e indifferenza. Ciò nondimeno la Chiesa continua a rimanere accanto agli ultimi.

L’aiuto economico che l’Associazione Universale di Sant’Antonio rivolge al clero locale, tramite la generosità dei suoi aderenti, testimonia il comune cammino di condivisione.

 

La Redazione